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di mazzetta

Nel nostro paese i pubblici ufficiali devono adempiere ai loro doveri all'interno dei limiti posti dalla Costituzione e dalle leggi. Questo semplicissimo obbligo non viene però sempre rispettato. A fronte di un dettato legislativo che pone lo status di pubblico ufficiale come un'aggravante per chi commetta reati, troviamo invece una sostanza dei fatti che va nella direzione opposta, cioè verso l'assoluta impunibilità di chi indossi una divisa. Anche per i reati di reticenza, omissione o falsa testimonianza
Fu così per la vicenda delle indagini relative alla tragedia di Ustica, nella quale abbiamo visto fior di ufficiali riconosciuti colpevoli di reati gravissimi andare assolti, fu così per il caso dei nostri valorosi stupratori e torturatori di neri in Somalia; è così per la tragica vicenda dell'uranio impoverito.
Erano militari, avevano giurato fedeltà alla Costituzione quelli che mentirono allora, come quelli che mentono oggi per nascondere tragiche responsabilità e crimini gravissimi commessi ai danni di civili innocenti e pure di loro commilitoni; sono ancora militari, italiani.
La vicenda dell'uranio impoverito grida vendetta. L'evidenza del legame tra la presenza dei proiettili all'uranio impoverito ( o depleted uranium - DU) e le migliaia di persone che si sono ammalate e poi morte a causa dell'avvelenamento che questo provoca, è sotto gli occhi di tutti.
Eppure i nostri militari negano. Pesante e documentata è stata la pressione che hanno svolto sulle vittime militari italiane. Al militare italiano colpito da un linfoma o da una leucemia per aver operato senza alcuna cautela nelle aree inquinati bombardate con le munizioni al DU, non spetta alcun risarcimento; ammettere il rapporto causa-effetto, ufficialmente vorrebbe dire esporre le responsabilità criminali di chi ha mandato i nostri soldati a morire per niente e quelle di chi ha impiegato un'arma radioattiva sapendo che per i decenni successivi avrebbero ucciso migliaia di civili residenti in quei luoghi.
Molto meglio, allora, negare oltre ogni evidenza: meglio fare pressione sui militari ammalati e le loro famiglie, meglio "consigliare" loro il silenzio, "mobbizzare" i malati, mentire agli inquirenti, far passare per "drogati" o "stressati" le vittime del cancro da radiazioni.

Gli Stati Uniti, che continuano ad impiegare le munizioni al DU anche in Iraq, hanno dato la linea al mondo e anche ai nostri militari: "L'adozione delle munizioni al DU è legittima, perché non si conoscono gli effetti del DU".
Un'affermazione assurda, già demolita dall'evidenza empirica, non occorre neppure discettare di chimica, biologia e radiologia. Un'affermazione fatta propria dai nostri militari. Nella prima Guerra del Golfo morirono solamente 327 soldati occidentali, nella campagna per il Kosovo nessuno, eppure gli Usa hanno registrato 110.000 contributi d'invalidità per i reduci della Guerra del Golfo, un quarto degli effettivi impiegati in totale dagli americani. Invalidità da strane malattie, in gran parte tumori e immunodeficienze, un'incidenza superiore a quella della Seconda Guerra Mondiale e a quella del Vietnam, a fronte di una durata della guerra sul terreno per un periodo inferiore ad un mese.

L'hanno chiamata "Sindrome del Golfo" e ne hanno fatto una malattia, inventandosi una misteriosa patologia "di guerra" che sarebbe stata responsabile di una strage di dimensioni così vaste.

Sarebbe più esatto chiamarla "Sindrome da spargimento di rifiuti nucleari nell'ambiente", visto che attraverso l'impiego di proiettili al DU gli USA si sono liberati dell'equivalente di 115 tonnellate di metallo puro solo nella Guerra del Golfo. Se gli Usa intendano risolvere il problema dello smaltimento delle loro scorie nucleari, o se i loro militari ritengano tanto preziose queste speciali munizioni per esigenze operative, non ci è dato saperlo. Quello che ci è dato sapere è che migliaia di civili residenti in Kosovo, centinaia di militari là in missione, centinaia di migliaia di militari americani presenti nel Golfo e un numero sconosciuto di iracheni si sono ammalati, si ammaleranno e moriranno a causa dell'impiego di queste munizioni.

Persone che muoiono per scelta politica, mentre i militari americani mentono e riescono a condizionare anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità (che non ammette ufficialmente la pericolosità dell'impiego bellico del DU, anche se ha previsto azioni per proteggere i bambini nelle aree bombardate della ex-Jugoslavia). Partecipano alla minimizzazione o al negazionismo alcuni militari e politici italiani, che per una malintesa ragion di stato in guerra o per sudditanza all'alleato mentono e hanno mentito consapevolmente all'autorità giudiziaria italiana e alla Commissione Parlamentare incaricata di far luce su questa vicenda. Commissione che ha terminato nei giorni scorsi i suoi lavori nell'inutilità, visto che gran parte dei designati ha semplicemente tagliato la corda, disertandone le udienze e votando infine una conclusione incapace di registrare una solare verità come quella che il contatto con questa sostanza procuri atroci malattie e conduca alla morte.

Una conclusione dell'indagine che si avvale di "consulenze" tecniche e di pareri scientifici prodotti all'uopo da tecnici e scienziati che fanno salti mortali per concludere che non è possibile concludere nulla. Restano quei militari che malati, ignorati per esigenze politiche.
Nel nostro paese la componente militare si cimenta sull'obbedienza alle esigenze dell'alleanza occidentale, in particolare alle decisioni prese a Washington. Un deficit di sovranità nazionale che fa danni enormi anche nelle forze destinate ad aver cura della pubblica sicurezza.

Eppure tutti giurano sulla Costituzione di rispettare per primi le leggi della Repubblica. Succede così che l'omertà sia la cifra che regola i rapporti all'interno dei corpi dello stato. Succede così che il malcostume discenda lungo la catena di comando e che gli effetti si riversino sui cittadini comuni, che restano in attesa della verità. Comoda o scomoda che sia.