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di Domenico Melidoro

La prima estate del Governo Prodi è stata finora dominata da roventi polemiche. Il clima è stato surriscaldato prima dalla discussione sul rifinanziamento alle missioni militari italiane in giro per il mondo, che hanno determinato tensioni nel mondo pacifista e tra i parlamentari della cosiddetta Sinistra radicale, e poi dalle liberalizzazioni volute dal Ministro Bersani e ampiamente osteggiate dalle categorie di cittadini che hanno visto minacciati i propri interessi, in primo luogo i tassisti. La recente presentazione del Dpef non ha certo rasserenato gli animi. Sindacati e esponenti di Rifondazione, Verdi e PdCI sono insorti nei confronti di un documento che a loro avviso promette notevoli tagli alla spesa pubblica senza prevedere adeguate misure di sostegno alla crescita economica e alla difesa del lavoro, e senza opporsi in modo deciso alla piaga dell'evasione fiscale. La reazione più dura è stata quella del Ministro di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero che si è rifiutato di firmare il Dpef, nonostante il Ministro Padoa Schioppa abbia più volte provato a placare gli animi dichiarando che la politica economica del Governo sarà elaborata tenendo ben presenti i concetti di "sviluppo, equilibrio ed equità". Il giudizio del Ministro di Rifondazione è stato quanto mai chiaro e inequivocabile: "Il Dpef è costruito in modo tale da non escludere un taglio della spesa sociale. La situazione dei conti è disastrosa, ma la soluzione non può essere quella di interventi che colpiscano i soliti noti. Non gli si può continuare a chiedere sacrifici" (la Stampa, 8 luglio). Il Dpef lascia intravedere una manovra finanziaria che, grazie a ingenti tagli alla spesa sociale (in primo luogo, a sanità e pensioni), penalizzerà quei ceti sociali disagiati già messi duramente alla prova dalla situazione economica degli ultimi anni, ma non graverà equamente sulle tasche di quegli strati di popolazione che invece si sono arricchiti. Inoltre Ferrero ha aggiunto che "il fatto che Confindustria plauda e i sindacati siano critici segnala un problema", vale a dire quello di una maggioranza che fra tante indecisioni e veti incrociati stenta a intraprendere un cammino chiaramente alternativo a quello percorso dal Centrodestra di Berlusconi, Bossi e Fini.

Lo 'strappo' operato da Rifondazione in seguito al rifiuto di firmare il Dpef da parte di Ferrero ha fatto temere che ci potessero essere seri contraccolpi sulla tenuta della maggioranza che sostiene il Governo Prodi. La fedeltà di Rifondazione è stata messa in discussione da coloro che hanno ancora ben presente quel che successe nel lontano 1998, quando il partito di Bertinotti causò la caduta del primo Governo Prodi. Eppure, almeno a sentire le dichiarazioni del diessino Cesare Damiano, Ministro del Lavoro, la stabilità della maggioranza non è in pericolo. Damiano ritiene che "Rifondazione sia organica al governo" (la Repubblica, 9 luglio) e che il dissenso di questo giorni dovrebbe essere letto solo come il tentativo di segnalare la preoccupazione su eventuali riduzioni della spesa sociale. In ogni caso, il Dpef non è la Finanziaria e, almeno stando a quel che dice Damiano, è ancora possibile trovare possibilità di intesa con Rifondazione, non solo a proposito delle pensioni, ma anche a proposito delle politiche del lavoro e in particolare sulla questione della lotta agli infortuni sul lavoro, riesplosa in tutta la sua drammaticità proprio in queste ultime settimane.

Anche i sindacati hanno giudicato negativamente il Dpef, e non si esclude uno sciopero generale che creerebbe ulteriori tensioni soprattutto tra i partiti della Sinistra radicale che mal sopporterebbero una politica economica apertamente bocciata dalle organizzazioni dei lavoratori. Qualche passo in avanti nella ricerca dell'intesa col mondo sindacale è stato compiuto da Padoa Schioppa che ha cercato di ricucire i rapporti con la CGIL. Il Ministro dell'Economia ha dichiarato a un'accalorata platea di iscritti del più grande sindacato italiano che "i sacrifici devono partire dall'alto, da chi si è arricchito e da chi evade il fisco. Chi vive nel disagio non deve più fare sacrifici". Dunque la situazione sembra aperta e sembrano aprirsi margini di discussione capaci di imprimere sostanziali modifiche a una manovra finanziaria che rappresenterà il primo atto concreto della politica economica dell'esecutivo guidato da Prodi.

Ulteriori segnali di preoccupazione giungono però anche dal centro dell'Unione. Il Ministro della Giustizia Clemente Mastella ha manifestato più volte di non tollerare una maggioranza che si divide sia sulla politica estera che sui problemi economici. Sembra che per il leader dell'UDEUR non si possa più continuare a dividersi su ogni questione. Alle preoccupazioni di Mastella sembra rispondere le non disinteressata offerta di sostegno al governo da parte di settori sempre più consistenti dell'UDC. La distanza tra Berlusconi e il partito di Casini e Follini si fa via via più evidente e più di una volta l'UDC si è detta disponibile a sostenere il governo in quei provvedimenti giudicati indispensabili per l'interesse nazionale. Eventuali salti di campo, per ora ancora improbabili, avrebbero l'effetto di emarginare la Sinistra radicale. Quel che preoccupa è che, a parte timide dichiarazioni a favore di un'immodificabile fede nel bipolarismo da parte di Ministri e di altri esponenti dell'Unione, le ammucchiate centriste sono ancora dietro l'angolo, e toccherà a Prodi farsi carico di respingere le minacce al bipolarismo.