Mentre le strade di Parigi e di tutta la Francia divengono teatro di manifestazioni
rumorose e partecipate, soprattutto dai giovani che protestano contro l'imminente
precarizzazione dei rapporti di lavoro voluta dal Governo conservatore, il Centrosinistra
nostrano (che, viste la crescente precarietà che affligge la vita lavorativa
della stragrande maggioranza dei giovani del nostro Paese, di ragioni per preoccuparsi
delle condizioni di lavoro dovrebbe averne tante) incassa vittorie nei confronti
televisivi con Berlusconi e si compiace per i sostegni più o meno inattesi
che provengono da quelli che vengono convenzionalmente definiti poteri forti.
L'articolo con cui Paolo Mieli su Il Corriere della sera ha esplicitato
il suo sostegno elettorale alla coalizione guidata da Romano Prodi è
forse la testimonianza più chiara del sostegno dell'establishment economico-finanziario
al Centrosinistra. Il quotidiano di riferimento per quella che è chiamata
tradizionalmente "borghesia illuminata" auspica che il futuro governo
del nostro Paese sia guidato da Prodi, le cui capacità politiche rappresentano
una garanzia più sicura di quella offerta dalla Casa delle libertà
per la ripresa economica e per la realizzazione di quelle riforme strutturali
necessarie alla modernizzazione del Paese. La vicinanza di Mieli all'Unione non è mai stata un mistero. Del resto
era già noto che quello di Mieli è da sempre un nome gradito ai
vertici del Centrosinistra, che più di una volta avevano espresso il
desiderio di affidargli la presidenza della RAI. Eppure la dichiarazione di
voto del Direttore del Corriere ha suscitato la reazione scandalizzata
di Berlusconi e del suo schieramento politico. Sabato 18 marzo il capo di Forza
Italia, davanti alla platea della Confindustria riunita a Vicenza, ha lamentano
con toni eccessivamente polemici il disfattismo, il catastrofismo e il pessimismo
della Sinistra e dei mezzi di informazione che farebbero da cassa di risonanza
alle tesi propagandistiche di Prodi e dei suoi alleati. In realtà, la
presenza di Berlusconi a Vicenza era finalizzata a riconquistare il sostegno
elettorale degli imprenditori italiani che, dopo le critiche osservazioni di
Luca di Montezemolo (ma soprattutto di Diego Della Valle) nei confronti del
quinquennio di governo del Centrodestra, sembrava essere in transito verso l'Unione
di Prodi. Berlusconi ha cercato di rassicurare gli industriali dipingendo un
improbabile quadro a tinte rosee della condizione della nostra economia, ha
puntato il dito contro l'ambiguità dei leaders dell'Unione che pretendono
di possedere un programma di governo compatibile con le esigenze della CGIL
e con quelle di Confindustria, e ha promesso facilitazioni economiche ai giovani
imprenditori per renderli più competitivi e produttivi.
Non sappiamo se il blitz di Berlusconi al convegno vicentino di Confindustria
sarà efficace nella riconquista del sostegno imprenditoriale. Le reazioni
all'arringa del Presidente del Consiglio sono state divergenti. Colpisce la
stizza di Montezemolo (il quale aveva già avvertito i politici sull'indipendenza
politica degli imprenditori che, chiunque sia il vincitore delle prossime elezioni,
non "faranno sconti a nessuno") che non ha commentato lo straripante
discorso di Berlusconi per non venir meno al rispetto delle Istituzioni e di
chi le rappresenta, ma sono state anche numerose le prese di posizione di quegli
imprenditori che si sentono ancora ben rappresentati dal Cavaliere. I risultati
elettorali, al di là dei tanti sondaggi pubblicati dai giornali, li conosceremo
solo dopo il 10 aprile.
Da parte nostra non possiamo non sollevare dubbi sull'opportunità di rincorrere il consenso dei poteri forti dell'economia e della finanza. Dato che la rappresentanza politica ha a che fare con gli interessi economici, il sostegno politico non è qualcosa che si concede gratuitamente. Pertanto i leaders dell'Unione, che con disinvoltura accettano di recitare il ruolo di coloro che sono capaci di rassicurare gli industriali sulla ripresa economica del Paese, dovranno agire con cautela affinché il sostegno dei potentati economici e sociali non condizioni in senso conservatore le priorità programmatiche del Centrosinistra. Comprendiamo bene che Berlusconi e il sistema di potere che egli ha alimentato e sostenuto rappresentano un'anomalia da superare assolutamente; ma la ricerca di un'improbabile imparzialità tra interessi contrapposti condanna all'inazione oppure al mantenimento dei rapporti di forza consolidati.
Riteniamo preoccupante che la ricerca di consensi a qualunque costo conduca l'Unione all'arretramento su questioni di principio. La ricerca di un rapporto privilegiato con il Vaticano e con le sue gerarchie ha già condotto ad un atteggiamento eccessivamente cauto sulle questioni dei diritti civili e della bioetica. Non vorremmo che anche le questioni del lavoro e della pace subiscano un arretramento dovuto al bisogno di compiacere i nuovi compagni di strada che l'Unione conquista man mano che il fallimento berlusconiano diventa noto a tutti. Purtroppo, la mancata partecipazione di molte delle componenti moderate del Centrosinistra alla manifestazione nazionale di Roma del 18 marzo, in occasione del terzo anniversario della guerra in Iraq, ci sembra dettata più dal bisogno di rassicurare i moderati sulla propria distanza dal pacifismo di coloro che da sempre condannano l'invasione dell'Iraq e le tante responsabilità occidentali nella questione palestinese, che dall'inopportunità di manifestare in un contesto in cui la condanna del terrorismo e della violenza è poco chiaro.