Le dimissioni sono arrivate in tarda mattinata, dopo che nelle ore precedenti
Berlusconi ed altri esponenti della destra le avevano invocate a gran voce.
Calderoli dunque, non è più un Ministro in carica di un governo
scaduto. I gravissimi fatti di Bengasi, undici morti e cinquantacinque feriti,
hanno obbligato i suoi alleati ad iscrivere Calderoli nella lista degli impresentabili,
pur avendo già egli scalato da solo e da molto tempo la vetta di questa
speciale classifica nel sentire comune. Quei morti rendevano impossibile derubricare
le ultime uscite del delfino di Bossi alla voce "goliardia", per volgare
che fosse. Del resto, l'escalation di rozzezze che l'odontotecnico padano aveva
già spacciato ben oltre la dose minima concessa ad ogni leghista, aveva
già ricevuto, durante il precedente Consiglio dei Ministri, la rampogna
del governo che, pur avendolo proposto al Paese come Ministro delle Riforme,
evidentemente intuiva il possibile sviluppo degenerativo di atti e parole dell'esponente
leghista. Ma se le dimissioni chieste ed ottenute rappresentano il minimo possibile,
una sorta di atto dovuto a fronte del danno creato alle relazioni internazionali,
agli investimenti ed alla stabilità interna di un paese vicino e strategicamente
importante per Roma, va detto che la linea politica che Calderoli ha inteso
rappresentare - con la finezza e l'acume di cui è capace - é il
portato finale di qualcosa che inizia molto più in alto di lui e che
potrebbe anche trascinarci molto più in basso di lui.
La reazione del governo risulta infatti tardiva ed in qualche misura ipocrita,
dal momento che mentre si pensiona Calderoli si assumono i gruppi dell'estrema
destra che, sul tema della relazione con il mondo musulmano, non hanno accenti
diversi. Del resto, se Berlusconi ha condannato gesti e parole del suo ex-ministro,
si deve ricordare anche che fu proprio il Presidente del Consiglio, con ben
altra autorevolezza, a parlare di "civiltà occidentale superiore".
Per non parlare del Presidente del Senato Pera, solito ad inveire contro "i
meticci". E che dire dei media dell'establishment? Se negli editoriali
di oggi attaccano duramente l'esponente leghista, si dimenticano di ricordare
ai loro lettori di aver proceduto alla beatificazione di Oriana Fallaci, oltre
che alla pubblicazione integrale dei suoi deliri romanzati. Ma una domanda ci
appare legittima, anzi doverosa: oltre l'indiscutibile rispetto verso la lingua
italiana, qual'è la differenza fondamentale tra quello che scrive la
Fallaci e quello che dice Calderoli?
Entrambi, e con loro i Pera e gli altri esponenti del neovandeismo di maniera,
s'ispirano alle pulsioni più basse generate dal ventre della paura, prodotto
velenoso di un sistema che reagisce alla sua crisi di prospettiva proponendo
l'idea della cittadella assediata, dell'angolo rifugio da dove indicare nemici
e draghi.
Questo sistema sociale e politico, che pure dal 1989 si è trovato ad essere l'unico in campo, entrando in crisi ha perso la sua capacità di sviluppo, la sua dinamica inclusiva e, con la sua crisi sociale, ha perso anche i connotati illuministici e liberali con i quali sostiene identificarsi. La devastazione sociale determinatasi con la dichiarazione di guerra del capitalismo finanziario contro il lavoro e l'annientamento delle tutele sociali, hanno determinato l'irrompere sulla scena della Paura, veleno che si annida in profondità, negli angoli più nascosti delle idiosincrasie popolari. Angosce fatte d'incertezze e di timori per il futuro, di popoli che vedono nella diversità, nell'altro da sé, nel sistema di valori sconosciuto, un nemico. Anzi, "Il Nemico". Che viene definito "il male" ed affrontato con le guerre, sempre però con un occhio agli affari.
L'identità religiosa ha occupato il posto del progetto societario: improvvise quanto ipocrite conversioni alla difesa strenua delle simbologie teologiche, hanno rappresentato la nuova frontiera di un nuovo modello identitario, sovvertendo le ragioni stesse della civiltà occidentale. Le radici di una storia che con l'idea della "purezza" ha praticato orrori, sono quelle rivendicate da Calderoli, quando parla di "occidente in pericolo". Calderoli parla il linguaggio approssimativo del crociato padano, che ha nella simbologia dell'"acqua benedetta del Po", nelle uniformi crociate di Alberto da Giussano e negli affari con discussi banchieri, lo sfondo fanatico che copre l'occupazione di posti in tutti gli enti pubblici, la sintesi peggiore della relazione tra valori e proposte, ben rappresentata dal connubio tra idee e affari.
Ma Calderoli non è che la versione volgare di una linea che trova in alcuni esponenti politici interpreti ben più autorevoli, anche se più accorti e prudenti. Che sposa il fondamentalismo cristiano applaudendo Bush e Ratzinger, che partecipa all'osceno banchetto dove i musulmani vengono fatti coincidere con i terroristi, che distorce il diritto internazionale nella sua politica estera. Che in un osceno gioco di specchi riflessi, alimenta direttamente ed indirettamente proprio quel fondamentalismo islamico che, a parole, dice voler combattere e al quale invece, assegna e riceve, reciproca legittimazione.
E non è appunto un caso che il Polo, nelle stesse ore nelle quali chiede
all'odontotecnico leghista di dimettersi, arruola nelle sue fila i Tilgher,
i Fiore e i Rauti disponibili, che con il fondamentalismo cattolico della Lega
trovano una evidente sintonia. Perché la xenofobia ed il razzismo hanno
bisogno di un collante religioso per instillarsi in un corpo sociale in crisi
d'identità. Che è crisi di civiltà, schiacciata dal profitto
e dalle guerre e restituita agli ingenui sotto forma di religiosità.
Calderoli è dunque solo la versione ignorante e sgradevole di una confraternita
che saluta a mano tesa, vince premi librari, occupa i media, sale sugli scranni
più alti della Repubblica ed intossica, essa si, la convivenza civile.
Da ieri la Libia è davvero la quarta sponda