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di Yitzhak Laor

Alla vista di una persona sofferente, in ognuno di noi si risveglia lo spirito di solidarietà. La solidarietà viene risvegliata dagli elettroencefalogrammi e dalle descrizioni dettagliate dello stato di salute trasmesso dalla televisione. Allo stesso tempo, una persona piange davanti alle telecamere ricordando le avventure a Qalqilyah, un'altra era insieme a Sharon a Umm Katef, una terza al Canale di Suez, e tutti i sopravvissuti narrano le gesta della gloriosa vittoria. Solo a Kibiyeh, per alcune ragioni, è stato Sharon da solo, a mostrare che questa storia in realtà ha almeno un vantaggio: esistono eventi cui nessuno avrebbe mai voluto partecipare, nemmeno in visione retrospettiva. Ma niente dell'attuale farsa politica ha avuto inizio con l'emorragia. Per mesi, i politici in Israele, in particolar modo i più anziani tra di loro, hanno agito come se Sharon fosse Mosé sul Sinai quando doveva portare giù i dieci comandamenti. Ora si spera che anche se non i dieci comandamenti, almeno alcuni segni sulla carta con i quali Sharon avrebbe scritto la lista dei candidati di Kadima per la Knesset: Tzachi Hanegbi, Gideon Ezra, senza tralasciare Avi Dichter.

Il nuovo partito di Sharon si fonda sulla memorializzazione del momento, del tipo "l'eternità di Israele può aspettare". E' proibito parlare di politica, ma tutti coloro che partecipano alla commedia strappalacrime devono preservare lo status quo, a cominciare da Ehud Olmert come leader.
Questa è la visione di Sharon, e nella visione di Sharon, Sharon è la via, o "l'eredità". Questa visione è però ridicola.

Come già detto, la malattia di Sharon non differisce molto da ciò che è successo fino ad ora durante gli anni passati, come una memoria che è stata gradualmente cancellata, ad esempio dalle discussioni che paragonano Sharon a Charles de Gaulle. Siamo obbligati a garantire il "perdono" per il passato in nome del presente, che si suppone sia diverso dal passato.

Non è stato dopo l'infarto, che la guerra del Libano si è trasformata in una parola di quattro lettere; non è dopo l'infarto che ci si è abituati a Sabra e Chatila. E' vero, Sharon ha costruito gli insediamenti e ora ne ha smantellato una parte. Si, molto probabilmente farà lo stesso a West Bank. Cosa vuol dire "lo stesso"? Il muro? La distruzione di migliaia di vite? Chiuderle in ghetti come quello di Gaza?

In questo caso, ciò che risulta essere l'elemento più pericoloso è il culto della personalità di Sharon: trasformare il presente in un "processo di pace".
In questo contesto, anche le discussioni sull'eredità politica di Sharon sono divenute parte del gioco. Per la ricerca dell'"eredità", molti sono pronti a dimenticare la sottile ambivalenza della cultura israeliana che ha permesso loro di basare la loro esistenza sul sangue. Almeno Yitzhak Rabin riconosceva questa ambivalenza. Basta leggere il suo discorso durante la cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Pace per comprendere che, anche se non aveva un'eredità, disponeva comunque di una certa sensibilità all'interno della valle di morte che attraversava.

Sharon viene visto con un'unica bandiera, quella del vincitore. L'eredità di Sharon è il successo. Successo per cosa? Per la guerra, gli affari e la costruzione della sua immagine. Ci troviamo nel momento storico che gli Israeliani hanno sempre atteso: farla apparire come una storia di successo.