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di Vivian Nunez

L'Avana. Si lo so che per molti é difficile capire i cubani, lo so. Questa etichetta che ci hanno appiccicato addosso, che ci vuole gente sempre allegra, felice del rumore e, persino, poco riflessivi, nasconde molto di più di quello che mostra. Può darsi che noi cubani siamo anche questo; però siamo, prima di ogni altra cosa, persone fedeli e riconoscenti. E chissà, proprio forse in questo nostro modo di essere fedeli e riconoscenti, si trova la spiegazione di quello che oggi succede a Cuba, dove l'incertezza sembra appartenere solo alla mente e alle parole di George W. Bush, al quale nei suoi tanti sogni irrealizzabili appare anche l'imminente ritorno di quelli che a Miami, molto tempo fa, tolsero il cartello che diceva: "Fidel, questa é la tua casa". Era il cartello che inondò tutte le case cubane dal 1959.

Anche da un capo all'altro del telefono si parla la stessa lingua ma s'intendono cose molto diverse. "Ciao, ti chiamavo perché cominciassi a preparare tutto, che presto verrò; a recuperare l'edificio" gli disse da un capo del telefono uno di quei cubani di nascita e americani per scelta all'altro che era rimasto nell'isola ad abitare il palazzo, che ora é suo e degli altri inquilini come lui. "Non ci pensare nemmeno" fu la risposta dall'altro capo del telefono; é meglio che te ne vai a quel paese. Anzi, per dirla meglio, che ci resti lì, disse l'inquilino havanero.

La malattia di Fidel Castro ha scatenato i demoni di Miami. La parte peggiore e più brutta é scesa nelle strade a festeggiare una morte mille volte annunciata.. ma come sempre gli é rimasta solo la voglia. Intanto, nella più grande isola delle Antille, cubani di tutte le età, razze, religioni, coincidevano nell'auspicare la salute di un uomo che, anche solo come essere umano, ha offerto moltissima più luce che macchie. So che starà meglio; toccato dai nostri dei africani. Andremo avanti; queste alcune delle molte espressioni che, senza orientamenti né indicazioni previe, affiorarono in questi giorni.

E seppure é raro oggi, a dieci giorni dall'annuncio ufficiale, incontrare un qualunque gruppo di cubani che non parlino della salute del Comandante, la vita sull'isola segue il suo ritmo abituale, infastidito da un caldo insopportabile, da un trasporto pubblico che mostra ancor di più i suoi limiti in questo mese di vacanze ed accompagnato da quel sottofondo nazionale che é il sempre eterno lamento delle eroiche casalinghe che si chiedono: cosa farò oggi per pranzo?

Fidel recupera, pare che stia già camminando, si trasferisce di bocca in bocca come tutti fossimo spontaneamente medici. Ed é così che il guerrigliero della Sierra Maestra, lo statista della crisi di Ottobre, dell'Angola, del periodo speciale, entra di nuovo nelle nostre case. Come fosse un parente malato che tutti coccolano e assistono.

Non manca la targa che recita Fidel, questa é casa tua. Non manca perché dopo quarantasette anni di combattimenti, vittorie, sconfitte e, soprattutto, di realtà condivisa, lui ci sarà per sempre. Più che nelle case, nei corpi e nell'animo dei cubani; quei cubani riconoscenti e fedeli che, per fortuna, sono la stragrande maggioranza.