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Categoria: Esteri
di Sara Nicoli

Alla fine hanno avuto ragione loro, gli studenti e i sindacalisti. Alla fine ha vinto la lotta per il lavoro contro l'imposizione dall'alto, senza concertazione alcuna, della precarietà a vita. Il famigerato Cpe, il contratto di prima assunzione che per due mesi e mezzo ha visto una mobilitazione di massa in tutta la Francia non c'è più. Ma insieme a questa cocente sconfitta il presidente francese Jacques Chirac potrebbe aver sotterrato anche le speranze presidenziali del fido Dominique de Villepin. Per il Primo Ministro la decisione di Chirac di sostituire l'articolo 8 della legge sull'uguaglianza delle opportunità - quello cioè che conteneva il Cpe - con un "dispositivo a favore dei giovani in difficoltà" è infatti uno smacco, come d'altra parte ha riconosciuto lui stesso.
Mezz'ora dopo il comunicato dell'Eliseo che annunciava la morte del Cpe, Villepin ha annunciato che "le condizioni necessarie di fiducia e di serenità non sono riunite né dal lato dei giovani, né da quello delle imprese per permettere l'applicazione del contratto prima assunzione". Villepin ha poi ammesso di "non essere stato capito da tutti" sul Cpe ed ha affermato di essere stato spinto ad "agire in fretta" dall'ansia di far qualcosa per l'occupazione dei giovani. Ha poi aggiunto di essere lui all'origine della proposta di sostituire l'articolo sul Cpe con uno a favore dei "giovani in difficoltà"; ma questo non ha sostanzialmente cambiato l'impressione che la crisi sia sfuggita di mano al primo ministro e che, come spesso accade in queste circostanze, il presidente della Repubblica sia intervenuto per toglierlo d'impaccio.

Un impaccio che tuttavia Chirac ha passato al Parlamento, chiedendo al gruppo dell'Union pour un mouvement populaire (Ump), il partito postgollista di maggioranza, di preparare un disegno di legge che contenga il dispositivo annunciato. Il presidente del gruppo Ump all'Assemblea nazionale (Camera dei deputati), Bernard Accoyer, ha annunciato di aver depositato un disegno di legge ad hoc, chiedendo che venga discusso sin da subito. E' previsto un aiuto pubblico per gli imprenditori che assumeranno giovani dai 16 ai 25 anni senza qualifiche particolari o che vivono in "zone urbane sensibili", o che sono titolari di un (già esistente) contratto di inserimento nella vita sociale.
Scompare così quell'ambiziosa legge che voleva introdurre un elemento di flessibilità nel mercato del lavoro francese e che, con altrettanta probabilità, voleva fare da spartiacque europeo (fatta eccezione per la nostra orribile <legge Biagi>) alla precarizzazione tout cout del lavoro giovanile a livello europeo: il Cpe prevedeva l'assunzione ma con un periodo di prova di 24 mesi in cui era possibile il licenziamento in tronco. La sconfitta di Villepin sul Cpe peserà sull'economia ma anche sul futuro del Primo ministro e sulle sue ambizioni presidenziali. Il premier non ha mai smentito infatti di puntare alla successione di Chirac, il cui mandato scade tra un anno. La sua carriera, che si è svolta essenzialmente all'estero e fra gli ori della diplomazia francese, e il suo carattere orgoglioso, intransigente e distante, oltre al fatto che non abbia mai conquistato un mandato elettorale, né nazionale né locale, costituiscono degli handicap che Villepin intendeva superare ottenendo dei risultati durante il suo mandato di Primo ministro. Da qui, forse, è nata quell'esigenza di ottenere un risultato di politica economica in breve tempo e usando il pugno di ferro dell'imposizione senza concertazione che si è rivelato, alla fine, un boomerang. Villepin era infatti stato nominato all'indomani della vittoria del "no" al referendum sulla Costituzione europea voluto dal suo mentore politico Chirac, con il compito preciso di ottenere dei risultati sul fronte della lotta alla disoccupazione, di gran lunga la questione che preoccupa maggiormente i francesi.

All'indomani della sua nomina, Villepin poteva contare su una popolarità piuttosto alta, popolarità che si è giocata nell'intestardirsi a far approvare il Cpe senza dialogo con le parti sociali e nel voler insistere di fronte alle centinaia di migliaia di persone scese in piazza, né di cedere di fornte alla protesta degli atenei e dei licei: un'ottusa testardaggine che gli costerà cara. Ora, infatti, sarà molto difficile per lui risalire la china, tanto più che il suo avversario a destra, il ministro dell'Interno Nicolas Sarkozy, esce dalla crisi in posizione di forza. In quanto segretario dell'Ump, Sarkozy è apparso infatti come colui cui spetta il ruolo di mediatore, di conciliatore tra il movimento di protesta anti-Cpe e il governo. Con un Villepin indebolito e privo di un vero bilancio su cui fondare un'eventuale campagna presidenziale, Sarkozy apparirà agli elettori di destra come il candidato naturale all'Eliseo. E, anche se attribuisce al loro immobilismo la sconfitta dei suoi predecessori che si erano presentati alle elezioni, Villepin farà molta fatica a smentire il principio secondo il quale un Primo ministro in carica non ha mai conquistato l'Eliseo.

Ma al di là di squisite considerazioni politiche su quello che potrebbe riservare la futura lotta di potere in Francia, quello che ci interessa sottolineare di questa vicenda è la nascita di un nuovo movimento che dagli atenei, dai licei, dal sindacato di base, ha respinto al mittente, con forza e tenacia, la base normativa su cui il capitalismo finanziario fonda il suo potere: più ricchezza per pochi e meno lavoro per tutti. E ha fatto anche emergere in Francia (ma si potrebbe facilmente fare un parallelo con l'Italia), l'avvilente immobilismo di una certa fetta della sinistra che non è riuscita ad elaborare un'efficace proposta per il dopo Villepin. La Francia sta tornando lentamente alla normalità dopo due mesi di lotta. L'Italia, sulla legge Biagi, non si è mai destata.