Trent'anni fa, la storia dell'Argentina precipitò nel cono d'ombra.
Prese il potere, con un colpo di Stato, la giunta militare guidata dai generali
Videla (esercito), Agosti (aeronautica) e Massera (marina). Il primo era un
pupillo di Kissinger, il secondo dell'oligarchia argentina, il terzo un iscritto
alla loggia massonica P2 e raccomandato speciale di Licio Gelli. Insieme, formarono
la triade assassina che fece sprofondare l'Argentina nel periodo più
buio della sua storia. Se Isabelita Peron riuscì a lasciare la Casa Rosada
a bordo di un elicottero, la sorte di una intera generazione venne gettata nell'immondezzaio
della civiltà.
La governance dei militari si manifestò con tutta la barbarie
possibile. Sciolti Parlamento e Governo, messi fuori legge partiti e sindacati,
chiusi giornali e radio, il paese latinoamericano divenne una immensa dead-line
fuori della quale passò solo chi riuscì a fuggire. Dentro, rimasero
carceri, torture, voli della morte ed assassini a sangue freddo. Il prezzo che
l'Argentina pagò alla "guerra alla sovversione comunista" fu
di 32.000 morti. Diecimila vennero uccisi in combattimento o fucilati per le
strade, mentre i 365 campi di sterminio, insediati in ogni dove della nazione,
sequestrarono 10.000 persone. Un milione e mezzo riuscirono a percorrere la
strada amara dell'esilio. Erano passati solo tre anni dal colpo di Stato che in Cile aveva chiuso a ferro
e fuoco l'esperienza del governo democratico di Salvador Allende ed il copione
si ripeteva. Come per il Cile, il Brasile, l'Uruguay e il Paraguay, anche i
funzionari del terrore che presero in ostaggio l'Argentina, agivano in nome
e per conto del governo degli Stati Uniti. Dalle scuole militari statunitensi
provenivano i generali, così come i torturatori applicavano sul campo
le tecniche che s'insegnavano alla Escuela de las Americas di Panama.
Già l'Algeria aveva insegnato molto sulle tecniche utili a soffocare
la resistenza popolare; tecniche decisive per una guerra contro una nazione
intera, elevate a metodo di governo per conto d'interessi stranieri. A quegli
anni terribili si deve l'ingresso del termine desaparecidos nel lessico
degli orrori. Persone che venivano sequestrate, torturate, quindi fatte scomparire,
gettate in fosse comuni o lanciate dagli elicotteri nel Rio de la Plata.
Il terrore arruolò diversi paesi negli anni 70 e 80 ed i militari argentini
divennero degli autentici esperti del settore. Aiutarono infatti i loro colleghi
torturatori in El Salvador, in Spagna e in Turchia, tutti paesi diretti da militari
ansiosi di regolare i conti con i loro rispettivi popoli.
Ma l'Argentina fu forse il reparto d'eccellenza per il modello imperante, che
consegnava a militari locali con la bava alla bocca un subcontinente intero,
che tentava di smarcarsi dal dominio soffocante e saccheggiatore di Washington.
Dietro il sangue versato a fiumi, arrivava il denaro, sprecato a fiumi. Se i
militari si preoccupavano di eliminare gli argentini, le teorie economiche monetariste
dei Chicago Boys, nipotini diligenti dell'economista Milton Friedman,
s'incaricavano di eliminare l'Argentina. In questa nefasta sinergia distruttrice,
che consegnò lutti e miseria ad una nazione intera, la contabilità
tetra della dittatura produsse 43 miliardi di dollari di debito pubblico, saldo
di fine macelleria.
Non furono soli, i barbari in uniforme. Ebbero la compiacenza delle gerarchie
ecclesiastiche, in particolare di Monsignor Pio Laghi, che benediva i torturatori
e cacciava le madri e le nonne di Plaza de Mayo, donne straordinarie che per
30 anni hanno rappresentato la nobiltà argentina. Ogni settimana infatti,
per trenta lunghi anni, hanno sfilato chiedendo la riconsegna in vita dei loro
figli e nipoti sequestrati, sfidando repressione e indifferenza, quando non
addirittura ostilità frontale, come quella manifestata dal monsignore,
che umiliava la sua tonaca e la sua fede pur di garantirsi un ruolo da comprimario
nella "guerra al comunismo".
Quando gli assassini divennero superflui, perché la dottrina di sicurezza
nazionale statunitense aveva assunto orientamenti diversi, la casta militare
tentò di porre il suggello in divenire. Approfittando della debolezza
politica dei governi che avviarono la transizione come quello di Alfonsin, e
della malcelata nostalgia di quello presieduto da Menem, riuscirono ad imporre
due leggi, una denominata Ley de la obediencia debida (legge dell'obbedienza
dovuta) e l'altra Ley del punto final (legge del punto finale). Il principio
ispiratore delle due amnistie mascherate da leggi era l'assoluta non colpevolezza
e non responsabilità dei militari e dei poliziotti argentini per i crimini
commessi, in quanto soggetti ad "ordini superiori". I criminali diventavano
quindi non giudicabili e non perseguibili: un tentativo vergognoso di sbianchettare
una tragedia immensa.
Chi non risponderà dei suoi crimini è proprio Monsignor Pio Laghi.
La chiesa di Roma lo ha assolto e oggi, da pensionato, magari discetta sulla
difesa cattolica del diritto alla vita. Il governo democratico di Nestor Kirschner
si è incaricato di cancellare le due leggi dell'oblio e diversi sono
i militari già arrestati e in attesa dei processi, mentre molti altri
sono già stati condannati.
La settimana scorsa le madri e le nonne dei desaparecidos hanno dichiarato
la fine delle manifestazioni. La loro supplenza è terminata.
Da qualche anno, la giustizia ha preso la cittadinanza argentina.