Alle 17 e 45 in punto di ogni giorno, un distinto signore chiude la sua gioielleria
di Columbus, in Georgia, attraversa la strada, sale sulla Mercedes parcheggiata
davanti al negozio e torna a casa. L'auto di lusso, gli abiti di buon taglio,
i movimenti composti, fanno pensare che si tratti di un uomo a modo, senza debiti
con la legge o scheletri nell'armadio. Ma chissà cosa direbbero i suoi
concittadini se sapessero che dietro quella rispettabile facciata si nasconde
in realtà uno dei criminali di guerra più feroci che l'umanità
abbia mai conosciuto.
Da bambino, William Calley sognava di indossare un giorno una divisa militare
come quella degli eroi cinematografici e, nonostante la statura al di sotto dello
standard minimo previsto dall'esercito, ci riuscì. Era il 1967 e con l'ariete
bellico Usa lanciato a piena forza sul sud est asiatico, le reclute venivano arruolate
senza guardare per il sottile. Assegnato alla 11ma divisione di stanza a Quang
Ngai, una zona del Vietnam dove i campi di riso sembrano quasi fondersi con le
montagne che si stagliano contro un cielo almeno allora azzurro immacolato, Calley,
che aveva ricevuto i gradi di tenente, era al settimo cielo al pensiero di guidare
la brigata Charlie. Al suo arrivo, l'accampamento era già stato approntato
e si trovava in una radura ombreggiata da alberi di palma abitati da centinaia
di scimmie e rare specie d'uccelli. Tutto attorno solo il rumore delle foglie
e il suono delle voci degli animali, non sembrava neppure di trovarsi in una zona
di guerra. Ma trascorsi quattro mesi dal suo arrivo Calley non s'interessava certo
alla natura, era anzi frustrato dalla mancanza di rispetto degli uomini nei suoi
confronti ed aveva deciso di sottoporli presto ad una vera lezione di strategia
bellica. Il 16 marzo 1968, la brigata Charlie ebbe l'ordine di tenersi pronta
per una dimostrazione pratica.
Alle sette e venti del mattino, gli americani entrarono in un villaggio chiamato
My Lai dove, in quel momento, c'erano solo donne, bambini e vecchi perché
gli uomini erano già al lavoro nei campi.
Il telegramma del colonnello Henderson giunto all'11 divisione, dove si parlava
di appostamenti nemici nella zona, era pieno di informazioni false che avevano
tuttavia incendiato la fantasia di Calley. Per costringere i fantomatici nemici
ad uscire dalle capanne con i tetti di paglia, ordinò ai suoi uomini
di appiccarvi il fuoco iniziando dalla parte sud. Le donne, molte con i figli
in braccio, altre palesemente gravide, uscirono urlando. Nel frattempo, aerei
arrivati sulla zona iniziarono a gettare napalm e granate sulla folla che percorreva
la strada maestra per raggiungere il mercato del sabato. Calley diede inizio
alla follia collettiva ordinando ai soldati di distruggere completamente case
e armenti. Poi iniziò la violenza sulle donne, seguita da una sarabanda
di morte che sarebbe terminata solo quattro ore dopo. Gli abitanti vennero divisi
in gruppi di sessanta-settanta persone, tenuti sotto il tiro delle armi mentre
venivano scavati i fossi che avrebbero accolto i loro cadaveri. Poi, tutto degenerò
in un agghiacciante massacro. I bambini furono sgozzati sotto gli occhi delle
madri che imploravano inutilmente pietà. Calley uccise personalmente
un gruppo di vietnamiti radunati presso i fossi falciandoli a colpi di mitragliatrice.
Finì un bambino con un calcio alla testa, poi chiamò gli uomini
e disse loro di tenersi pronti a tornare alla base per il rancio.
Di ritorno da un volo di ricognizione, i componenti di una pattuglia di elicotteristi
si trovarono davanti una scena agghiacciante. Videro i commilitoni accanirsi
contro degli esseri umani inermi prima di scaraventarli nei fossi già
colmi di cadavere. Dopo aver tentato di fermarli, si videro costretti a minacciarli
con le armi per poter salvare quanti ancora potessero essere salvati mentre
i fotografi di Stars and Stripes riprendevano la scena dell'ammutinamento.
I tre elicotteristi riuscirono poi, con grande fatica, ad estrarre dai fossi
alcuni tra donne e bambini feriti gravemente,
ma ancora in grado di respirare. Tornati a casa, lottarono a lungo per far condannare
gli autori della strage, appellandosi alle autorità, al Comando Generale
delle Forze Armate, alla gente comune.
Le prove fotografiche bastarono ad accertare la responsabilità di William
Calley, che pure tentò di produrre falsi rapporti per scagionarsi, mentre
la stampa fece del suo meglio per aiutarlo riportando che "a May Lai erano
stati uccisi 128 individui sospetti e 13 pericolosi guerrilleri armati",
ma venne ugualmente condannato all'ergastolo.
Nonostante le centinaia di vite immolate alla sua paranoia di uomo complessato,
Calley non ha mai scontato quell'ergastolo. A liberarlo bastò un decreto
ad personam dell'allora presidente Nixon, anch'egli oppresso da fobie
dalle quali riusciva a sollevarsi solo picchiando la moglie e mostrando tutta
l'arroganza del potere. Dopo l'uscita dal carcere, William Calley tenne una
serie di conferenze
nelle università, fino a quando incontrò Penny Vick, una ventinovenne
dalla dote robusta che risollevò la sua precaria situazione economica.
My Lai continuò per qualche tempo ad essere un'ombra sinistra per l'America, poi l'ombra si dissolse per lasciare posto al tedio. Non scomparve invece dall'animo di alcuni dei soldati di My Lai il rimorso. Varnado Simpson, che aveva ucciso otto vietnamiti, compresa una madre con il suo bambino, nel 1997 vide morire il suo unico figlio di dieci anni per un colpo partito incidentalmente da una delle armi che teneva in casa e, soccorrendolo, ebbe finalmente la percezione del dolore che aveva arrecato. Per cinque lunghi anni restò isolato dal mondo, senza aprire neppure le finestre della sua casa, rifiutando di vedere chiunque. Al quarto tentativo di suicidio, riuscì nell'intento di togliersi la vita.
Il rimorso non toccò invece mai William Calley, che oggi vive da ricco borghese nella città della Georgia dove l'abbiamo rintracciato. Non ha accettato di rispondere a nessuna domanda e sostiene di aver completamente sepolto il passato. Evidentemente non sa che tra i pochi miracoli che accadono su questa terra, c'è quello compiuto dai morti di My Lai, che parlarono alla generazione degli anni settanta chiedendole di opporsi a tutte le guerre comprese quelle future e insegnare ai loro figli a fare altrettanto. Presi dalle faccende della vita, alcuni dimenticarono un po' troppo in fretta. Altri vollero, fortunatamente, mantenere quella promessa.