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Categoria: Esteri
di Barbara Betancourt*

Dopo un processo segnato da delusioni ed insoddisfazioni, minacce pubbliche del Governo degli Stati Uniti e compromessi con gli alleati, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione che instaura il nuovo Consiglio dei Diritti Umani. Il Consiglio sostituirà la Commissione, incaricata da sessant'anni della materia. Così come aveva annunciato, Washington ha votato contro il testo e, come era d'aspettarsi, lo ha fatto in compagnia di Israele, Isole Marshall e Palau.
Non ha causato sorpresa che l'Unione Europea abbia votato a favore del documento, era stato annunciato: ma ancor meno sorpresa ha destato che Bruxelles definisse la sua posizione in linea con quella statunitense, nonostante la differenziazione sul voto.
Sembrerebbe contraddittorio che possano esserci posizioni comuni e voti diversi sullo stesso documento, se non fosse che entrambi appartengono al blocco delle grandi potenze, che hanno in comune la stessa ideologia e che si differenziano tra loro solo per l'uso di tattiche diverse per raggiungere gli stessi obiettivi. Si sapeva che gli Stati Uniti, sebbene non soddisfatti dalla proposta dell'Assemblea Generale, per tentare di ricondurre il nuovo organismo ai loro interessi, avrebbe trovato l'appoggio dei suoi alleati occidentali.
Non è difficile prevedere, infatti, che molti dei paesi che pure nel voto hanno manifestato una posizione opposta a quella espressa dagli Usa, non faranno mancare il loro appoggio incondizionato quando Washington deciderà che questo si renda necessario.
Eppure sono proprio le pratiche politiche di questa natura che contribuirono al discredito ed all'inefficacia della Commissione per i Diritti Umani ora sostituita dal Consiglio. L'ipocrisia e il doppio standard che gli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali imposero ai lavori del foro di Ginevra ne determinarono, infine, la sua sostituzione. Non si può non domandarsi se il nuovo, fiammante Consiglio, sarà l'organo adeguato: se, in coerenza con le sue caratteristiche, potrà effettivamente lavorare per proteggere e promuovere tutti i diritti di tutti gli esseri umani; o se soccomberà, come la Commissione che lo precedette, sotto le pressioni e le manipolazioni politiche dei paesi più potenti.

Purtroppo, questo nuovo Consiglio non pare garantire le aspettative dei popoli dimenticati, di coloro i quali fino ad ora sono stati gli unici soggetti criticati e sanzionati; ma, ciò che è peggio, questo nuovo organismo e le ipoteche politiche cui è sottoposto, non li pone certo a riparo dalle pretese imperiali di convertirli in uno scenario per i suoi piani di dominio egemonico.
Washington ha comunque dichiarati che, nonostante il suo voto contrario, collaborerà con il nuovo Consiglio. Lo farà certamente, visto che già da ora è impegnato a lavorare per impedire che paesi come Cuba, Venezuela, Zimbawe ed altri che non si sono piegati ai dettami imperiali siano comunque parte dei 47 paesi membri del nuovo Consiglio; gli Usa del resto sanno che possono contare con l'appoggio dei loro alleati, appoggio tra l'altro espresso pubblicamente.

Sarà come sempre una battaglia diseguale, alla quale, è certo, Cuba arriva con la forza che le conferisce la colossale opera sociale che, quotidianamente, realizza in beneficio del suo popolo e di altri popoli del mondo, a testimoniare cosa significhi occuparsi davvero dei diritti umani.
Gli Stati Uniti dispiegheranno tutto il loro potere, ma non riusciranno ad evitare di essere denunciati come il massimo violatore dei diritti umani nel mondo.
Le fotografie di Abu Grahib, le testimonianze dei prigionieri della base navale (illegale) di Guantanamo, le rivelazioni sull'esistenza delle carceri clandestine e sui voli segreti per il trasporto dei sospetti, sono evidenze che non ammettono repliche.

*Radio Havana, Cuba