Ha modificato la Costituzione e le leggi ordinarie per poter essere rieletto.
Alvaro Uribe, Presidente e punto di riferimento della destra più anacronistica
e violenta della Colombia, é di conseguenza il candidato favorito nelle
elezioni che si svolgeranno nel prossimo Maggio.
Così almeno dicono i sondaggi, che in Colombia danno il Presidente uscente
come il candidato da battere. Si parla di un 70% dei consensi che sarebbero
a disposizione del pupillo di Washington.
Però in Colombia, come forse ovunque, dei sondaggi non ci si può
fidare ad occhi chiusi: generalmente sono condotti nelle 5 città principali,
in centri commerciali molto costosi situati nelle zone più "cool"
del paese.
Un esempio della fallacità dei sondaggi colombiani, è stato il
fallimento del referendum uribista del 2003. Il piano, ricordiamo, prevedeva
19 punti per smantellare lo stato sociale sancito dalla costituzione del 1991.
Uribe, pure dato dai sondaggi all'80% dei consensi, non ha raggiunto neppure
il 25% del quorum su nessuno dei 19 punti. Questo nonostante una martellante
campagna pubblicitaria, durante la quale è apparso addirittura in diretta
nella casa del "grande fratello" a cantare con gli abitanti una canzone
a favore del referendum. Ma non solo. Archiviato il referendum, già dal giorno dopo i colombiani
sono tornati alle urne per eleggere i sindaci delle maggiori città. Anche
in quell'occasione i candidati Uribisti, pure favoriti dai sondaggi, subirono
una sonante sconfitta: persino Bogotà (il cui sindaco è la seconda
carica elettiva del paese per importanza) finì nelle mani del neonato
PDI ed è tuttora governata dall'ex sindacalista e amico di Lula, Lucho
Garzon.
Un altro elemento da valutare è che nelle ultime tornate elettorali
i partiti storici hanno perso qualunque tipo di attrattiva nei confronti dell'elettorato,
che decide quindi in base alla forza del candidato singolo, generando una sorta
di culto personale per presidenti indipendenti intorno ai quali si aggregano
solo successivamente nuovi movimenti politici.
Si parla di uribismo, pastranismo, samperismo, (terminologia che identifica
i movimenti politici inspirati ai nomi dei vari ex-presidenti).
Ovviamente questo genera un elettorato poco ideologizzato e molto volubile,
attratto a turno da uno piuttosto che da un altro candidato. Effettivamente
le ultime elezioni sono state decise soltanto negli ultimi mesi e Uribe stesso,
quattro anni fa in questo stesso periodo, era poco più che sconosciuto.
In controtendenza due nuove aggregazioni di sinistra stanno invece unendo le
forze per presentare un candidato unico. Vale per il Polo Democratico Indipendente
(PDI) e per Alternativa Democratica (AD): il PDI candida il Senatore Navarro
Wolf, un ex guerrigliero dell'M-19 vittima di un attentato una volta tornato
alla vita civile, (un colpo di pistola in pieno volto da cui è sopravvissuto
in modo quasi miracoloso), mentre il candidato di AD è invece il Senatore
Carlos Gaviria, la persona su cui puntano tutti i movimenti indigeni e le comunità
di pace, data la sua statura morale.
Una sorta di primarie deciderà chi tra i due sarà il candidato
unico, che verrà presentato da una lista comune battezzata PDA (Polo
Democratico Alternativo).
Le possibilità della sinistra non sembrano comunque alimentare fiducia
per una sua possibile vittoria. Al momento, i candidati della sinistra non ricevono
l'aiuto di Chavez, più impegnato a tenere calme le acque con il Governo
di Uribe dopo ripetute crisi diplomatiche e non ricevono neppure il supporto
del Mercosur (Mercato Comune del Sudamerica), che, configuratosi negli
ultimi mesi come un reale blocco di potere in grado di influenzare le elezioni
in Bolivia e probabilmente in Perù, non riesce ad estendere la sua influenza
alla Colombia.
A giudizio di molti osservatori, saranno due elementi a determinare lo svolgimento
più o meno sanguinoso della prossima campagna elettorale. Da un lato
l'eventuale crescita dei consensi della sinistra, dall'altro la guerra intestina
tra le elites dominanti.
Le bombe e l'omicidio politico fanno parte di una strategia della tensione che
è l'autentico spettro che si estende sulle elezioni colombiane. Quando
un candidato espresso da forze popolari o di sinistra si appresta a vincere
viene eliminato, come insegna l'omicidio Gaitan nell'Aprile del 1948, (che secondo
Gabriel Garcia Marquez fu il primo intervento della CIA in America Latina) e
quello di tre candidati presidenziali nel 1990: Galan (nuovi Liberali) Pizzaro
(ex leader dell'M-19) e Jaramillo (Union Patriotica). Quest'ultima formazione,
in qualche modo ha tristemente incarnato la cifra della violenza di Stato nel
Paese, visto che ha ormai perso la personalità giuridica dopo lo stillicidio
lento, ma continuo, che visto l'assassinio di 4000 dei suoi esponenti.
D'altro canto, anche nel campo della destra, l'uso del terrore è spesso
risultato lo strumento dirimente per determinare i nuovi assetti di potere nella
società colombiana.
Parte di questo scontro è emerso lo scorso Novembre, quando il senatore
German Vargas Lleras, da molti considerato un possibile e autorevolissimo candidato
della destra istituzionale colombiana, è uscito illeso da un attentato
nel centro di Bogotà che ha distrutto la sua vettura e ucciso alcuni
uomini della sua scorta. Il messaggio era forte e chiaro: uno scontro interno
all'elite dominante nel paese tra la "vecchia guardia" e quella emergente.
Il quadro nel quale s'innestano i conflitti all'interno dell'oligarchia colombiana
è quello di un paese tra i più ricchi di risorse al mondo ed anche
uno dei più diseguali; il potere è da decenni nelle mani di una
ristretta e potentissima oligarchia, la quale è uscita pressoché
indenne da ogni conflitto che ha insanguinato e continua ad insanguinare il
paese.
Per combattere gli espropri di questa oligarchia terriera nacquero i primi gruppi
di guerriglieri che poi si riunirono nelle FARC (Forze armate rivoluzionarie
colombiane), che sono ad oggi l'esercito guerrigliero più grande al mondo.
In risposta ai gruppi guerriglieri l'establishment ricorse in varie occasione
ai servizi dei paramilitari, che in Colombia si sono configurati come un esercito
di estrema destra estremamente sanguinario e longevo. Prima che il conflitto
assumesse le connotazioni attuali, nel 1962 (la nascita del conflitto odierno
si fa risalire alla fine degli anni sessanta) l'amministrazione Kennedy cambiò
le finalità della preparazione militare degli eserciti latinoamericani
da "protezione emisferica" a "sicurezza interna". Il presidente
in persona inviò in Colombia il generale William Yarborough, il quale
suggerì di ricorrere al "terrore paramilitare contro i fiancheggiatori
non-comunisti". Parole chiare, che nella terminologia della contro guerriglia
significano praticamente una dichiarazione di guerra verso tutti i settori dell'attivismo
sociale e politico alternativo alle elites.
Nel corso degli anni i gruppi paramilitari, riunitisi nelle AUC (Autodefensas
Unidas de Colombia) hanno concentrato sempre più potere, arrivando
fino ad impossessarsi di quelle terre che erano stati invitati a difendere.
Sono quindi entrati in qualche modo in conflitto con la vecchia elite che li
ha creati, armati e fatti crescere. In qualche modo Farnkenstein è sfuggito
al controllo del suo padrone.
Uribe rappresenta proprio questo: il Presidente di questa nuova elite colombiana
che nasce dai capi paramilitari che, nel corso degli ultimi anni, è entrata
in contrasto con la elite storica del paese.
Risulta evidente osservando la posizione della stampa colombiana, voce dei poteri
forti e radicati nel paese, la quale dalla metà del 2005 ha tolto il
suo appoggio incondizionato al processo di pace portato avanti da Uribe con
le AUC, sintomo di una paura reale da parte di questa nuovi gruppi, altrimenti
pronti a investire le enormi risorse ottenute illegalmente.
Questo controverso processo di pace secondo molti (tra cui l'Alto Commissariato
per i Diritti Umani delle Nazioni Unite) è inadeguato, visto che mentre
non raggiunge effettivi risultati in termini di pacificazione del conflitto,
garantisce l'impunità a persone che si sono macchiate di crimini atroci
contro l'umanità ed apre la strada alla loro carriera politica, creando
una nuova casta destinata a porre una pesante ipoteca sulla scena politica colombiana,
a cominciare dai riflessi elettorali.
L'eventuale vittoria di Uribe avrà quindi un riflesso immediato anche
nel ridisegno degli assetti di potere interni all'oligarchia colombiana, ma
l'appoggio che il governo statunitense offre al presidente-candidato non ha
solo l'obbiettivo di radicare ulteriormente l'ala emergente dell'oligarchia;
Bush vede nel fallimento del processo di pace la garanzia della continuità
per l'influenza militare statunitense e, con essa, un fondamentale passo per
tentare l'attuazione del Plan Colombia, vero e proprio progetto di dominio
statunitense sull'intero sudamerica. L'appoggio di Washington a Uribe va letto
anche come estremo tentativo di elevare un ostacolo alla marcia progressista
ormai vincente in quasi tutta l'America latina. Per Washington assume particolare
importanza l'esistenza di una "enclave" fedele, in mano alla destra,
che rompa l'accerchiamento progressista rappresentato da Venezuela, Brasile,
Argentina, Uruguay, Cile, Bolivia e forse Perù.
L'obiettivo è quello di ribadire la centralità delle relazioni
dirette tra i paesi del Cono sur e gli Usa, oltre che di ridurre l'applicazione
degli accordi commerciali e politici siglati e siglabili nell'ambito del Mercosur,
il guerrigliero oggi più pericoloso agli occhi della Casa Bianca.