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Categoria: Esteri
di Bianca Cerri

Secondo lo psichiatra Justin Frank, autore di un libro intitolato “Bush sul Divano”, chi dubita ancora della follia del presidente americano ha un’unica possibilità per sincerarsene: ascoltare il discorso sullo Stato dell’Unione del 31 gennaio scorso. Il cristianesimo compassionevole è stato accantonato a favore della linea dura dell’uomo autorevole e risoluto, ma ormai la situazione è preoccupante. Dal punto di vista della psichiatria, sempre secondo Frank, George Bush è ormai completamente dissociato dalla realtà: desidera dominarla e, al tempo stesso, se ne sente minacciato. Prova ne è che dopo aver dato disposizioni alla difesa aerospaziale affinché vegliasse sulla cerimonia dedicata allo Stato dell’Unione, prima di cominciare a parlare ha fatto arrestare Cindy Sheenan, l’ormai popolare madre di un marine morto in Iraq, colpevole di aver indossato una maglietta inneggiante al pacifismo. Il discorso sullo Stato dell’Unione viene pronunciato ogni anno alla fine di gennaio e stabilisce in pratica quella che sarà l’agenda presidenziale per i mesi a venire, ma non mancano mai note folkloristiche e retorica caramellosa. Quest’anno Bush ha strumentalizzato la presenza di due giovanissime donne, fresche vedove di due militari caduti in Iraq, ringraziandole pubblicamente per aver continuato a sostenere l’esercito nonostante la morte dei mariti caduti per la democrazia. Poi, nel tentativo di distogliere l’attenzione sulle leggi appena varate che autorizzano la sorveglianza di tutti i cittadini americani, Bush ha attaccato con i migliori pezzi del suo repertorio sull’Asse del Male alternandoli ad anatemi contro Hamas che si avvia a sconvolgere il mondo. Non sono mancate le gaffes madornali, come quella con cui il presidente ha attribuito all’America il merito di aver cacciato le truppe siriane dal Libano, cosa che avvenne invece per iniziativa degli stessi libanesi. Liquidati in pochi minuti e con formidabile faciloneria temi come sanità, pensioni e la stessa catastrofe di New Orleans, la cui ricostruzione sta subendo dei ritardi a causa delle “lungaggini burocratiche” e dei “bastoni tra le ruote messi dai democratici”.  Nei passaggi seguenti, Bush ha magnificato l’impegno americano a lunga scadenza negli altri paesi, teso a “liberare il mondo dalla tirannide”, poi è tornato sul terrorismo, un vero jolly per un uomo incapace di governare e a capo di un’amministrazione composta da una ciurma di venditori ambulanti di morte con la smania dell’espansionismo. Dopo aver ricordato che oggi su Kabul e Baghdad sventolano finalmente le bandiere a stelle e strisce, Bush ha insistito sulla necessità di perseguire i nemici della democrazia. Perchè non può esserci un mondo sicuro se gli Stati Uniti rifuggono ai propri doveri o si ritirano nei propri confini. Il messaggio è chiaro: le truppe statunitensi non hanno alcuna intenzione di tornarsene a casa e Washington non mollerà per nessun motivo i progetti di egemonia sul resto del mondo. Però, come passa il tempo! Sembra ieri quando Bush parlava di armi di distruzione di massa e invece sono già trascorsi tre anni, che hanno irrigidito le nostre stanche carcasse ma reso molto più vigile il Pentagono. Tra quattro anni circa saranno pronte le prime armi magnetiche in grado di eliminare chiunque tenterà di opporsi al volere di Washington ed entro il 2030 ci saranno gli aerei telecomandati capaci di cambiare il look dell’intero pianeta in meno di dodici ore. Tra gli applausi che hanno accompagnato la fine del discorso, l’ultimo incitamento agli americani affinché resistano e percorrano fino in fondo la tortuosa strada che conduce alla libertà, anche se dovessero scoprire di essere rimasti i soli a percorrerla ......Il petrolio sale ed i petrolieri vegliano ed ingessano su di lui. May God Bless America…