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Categoria: Esteri
di Alessandro Iacuelli

Il 29 gennaio scorso, l'esercito russo in Cecenia ha ucciso undici presunti guerriglieri e ne ha arrestati oltre 30. E' questo il bilancio delle operazioni speciali condotte nella repubblica caucasica fino a ieri, a rendere pubbliche queste informazioni è il generale Grigori Fomenko, a capo delle forze russe in Cecenia, in una conferenza stampa a Grozny insieme al presidente ceceno filorusso Alu Alchanov. Da qualche mese, la stretta militare russa sta avendo ragione degli indipendentisti, come prova il fatto che sono in calo gli attentati contro le forze russe da parte degli insorti ceceni. Ma gli indipendentisti stanno cercando di reclutare nuove forze nel nord della Cecenia, e nelle regioni russe del Daghestan e di Stavropol. Proprio nel Daghestan, Mosca sta intensificando la pressione di polizia ed esercito contro la resistenza cecena. Tra le vittime di ieri, invece, è presente anche un nome considerato importante dai russi: Lechi Eskiyev, numero uno del "Fronte Ceceno del Nord", uno dei gruppi separatisti che combattono contro l'esercito di Vladimir Putin. Uno scarno comunicato del ministero degli Interni russo annuncia che Eskiyev è stato "annientato", proprio questo il verbo usato nel dispaccio, dopo essere stato ferito a morte insieme ad altri due ribelli nella città di Khasavyurt, nella repubblica autonoma caucasica del Daghestan. Nel corso di una "operazione speciale della polizia" l'uomo sarebbe stato individuato all'interno di una abitazione. Ha rifiutato la resa ed è quindi scoppiato un conflitto a fuoco che è costato la vita dei tre guerriglieri e di un poliziotto russo. Eskiyev, 33 anni, a capo della resistenza dei distretti di Shelkovskoi, Naurski e Nadtere, prendeva ordini direttamente dal capo militare della guerriglia Shamil Basayev.

Potrebbe non essere casuale che questa operazione speciale russa sia avvenuta proprio all'indomani della risoluzione di condanna da parte del Consiglio d'Europa riguardante la Cecenia; sembra anzi proprio una risposta all'attenzione che la comunità internazionale rivolge in questo momento alla piccola repubblica caucasica. Il 26 gennaio scorso, infatti, i parlamentari di 46 Paesi raccolti nell'Assemblea del Consiglio d'Europa hanno approvato una risoluzione con la quale si invita ad impedire le violazioni dei diritti umani in Cecenia. Nessuna interpretazione diversa sarebbe possibile: si tratta di un vero e proprio allarme per le continue violazioni perpetrate dall'esercito russo ai danni della popolazione civile. L'assemblea del Consiglio d'Europa ha parlato di "massicce e gravi violazioni dei diritti umani" ed ha chiesto al Comitato dei ministri di "assumersi le proprie responsabilità", magari con l'avvio di un nuovo processo di monitoraggio sui diritti umani, nei confronti di una delle più gravi situazioni esistenti nel blocco eurasiatico. "Ci rendiamo conto di quanto sia complesso per le autorità russe riportare legge e ordine in Cecenia. Ma se per farlo si violano i diritti umani, le possibilità di successo sono minime", ha dichiarato a Strasburgo il socialista olandese Erik Jurgens. Il Consiglio si è quindi rivolto alla Duma di Mosca chiedendo la creazione di una commissione parlamentare che indaghi su violazioni che nessuno può più monitorare in Cecenia: rapimenti, detenzioni arbitrarie, torture.

Fino ad oggi, Putin non ha risposto a nessun richiamo internazionale sulla Cecenia, non ama discutere con interlocutori non russi la situazione del Caucaso, preferisce risolvere "internamente" la questione, cioè per via militare. Questa strada l'ha intrapresa un anno fa, con l'uccisione di Maskhadov, considerata un grave errore politico da quella parte del Parlamento russo favorevole ad una soluzione non violenta del problema ceceno.

Ricordiamo che Aslan Maskhadov, eletto presidente della Cecenia il 27 gennaio 1997, è stato l'uomo che per primo propose un serio piano di pace per la Cecenia, ottenendo la firma di un accordo di pace con Eltsin avvenuto nel giugno 1997. Con l'eliminazione di Maskhadov e di altri patrioti "moderati", è stato lasciato campo libero alle formazioni guerrigliere più violente; in questo quadro è emersa la figura di Shamil Basaiev, considerato l'organizzatore della strage di Beslan, leader dell'ala più oltranzista nei confronti di Mosca. Quel Basaiev che Putin intende affrontare direttamente a colpi di operazioni militari, possibilmente senza l'intromissione della comunità internazionale. E, al monito del Consiglio d'Europa, risponde con una nuova operazione speciale. Che difficilmente risulterà decisiva.