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Le nuove sanzioni internazionali contro la Russia rischiano di danneggiare soprattutto l’economia europea. Mosca è sotto regime punitivo dal 2014 e, prima di invadere l’Ucraina, ha sicuramente previsto le nuove mosse di Usa e Ue. Ha quindi avuto più tempo degli altri per prepararsi alle conseguenze, organizzandosi su due livelli: le ritorsioni contro l’Europa e la ridefinizione del proprio mercato di import/export, il cui baricentro va sempre più spostandosi verso oriente.

 

Il settore più delicato è quello dell’energia. L’Unione europea importa circa il 40% del suo fabbisogno di gas dalla Russia, un dato che sale al 46% in Italia e al 49% in Germania. Vista l’importanza di Mosca per gli approvvigionamenti, gli europei hanno evitato di inserire il gas nelle sanzioni in campo energetico. Tuttavia, è scontato che la prima ritorsione della Russia sarà proprio sulle forniture di gas: il flusso dei rubinetti diminuirà e i prezzi si impenneranno (ancora), insieme alle bollette. La sola incertezza ha già iniziato a far salire le quotazioni.

Un altro danno gravissimo per l’Europa è la sospensione del progetto North Stream 2, il gasdotto che avrebbe dovuto portare il gas russo direttamente in Germania. Berlino ha già bloccato l’entrata in funzione dell’infrastruttura, rinunciando così a un’importante fonte di gas a basso prezzo per l’intero continente.

Oltre ai rincari, questo scenario produrrà in quasi tutta l’Unione europea due conseguenze: primo, andranno rimesse in funzione almeno alcune centrali a carbone, con tanti saluti alle preoccupazioni per l’ambiente; secondo, aumenterà l’importazione di gas liquefatto (e parecchio costoso) dagli Stati Uniti, che saranno gli unici a uscire da questa vicenda con le tasche più gonfie.

Intanto, Mosca ha già autorizzato la realizzazione di un nuovo gasdotto che, attraverso la Mongolia, porterà il gas in Cina. È questa l’ennesima dimostrazione di un principio generale: anche se le sanzioni colpiscono la Russia nell’immediato, con il passare del tempo Mosca è in grado di sostituire l’Ue spostando le rotte commerciali verso Oriente. Una compensazione del genere è invece preclusa agli europei, che quindi, nel medio-lungo periodo, sono i più colpiti dalle loro stesse sanzioni.  

Sul piano finanziario, poi, le banche europee hanno ridotto la propria esposizione in Russia rispetto al 2014, ma rimangono comunque a rischio decine di miliardi di euro. Secondo la Banca dei regolamenti internazionali, al 30 settembre 2021 gli istituti europei più esposti verso Mosca sono quelli italiani, con prestiti e finanziamenti per 25,3 miliardi di dollari, a cui si aggiungono garanzie per altri 6 miliardi. Si tratta per la maggior parte di crediti vantati verso clienti privati, aziende e gruppi russi, più alcune operazioni a sostegno dello scambio commerciale con Mosca, specialmente sulle materie prime. È chiaro che, con la guerra, diversi prestiti rischiano di entrare in sofferenza.

La banca italiana più esposta è Unicredit, che opera in Russia tramite AO Unicredit Bank (ex International Moscow Bank), con 103 filiali e 2 milioni di clienti. In tutto, i crediti ammontano a circa 8 miliardi di euro, che nel 2021 hanno fruttato 180 milioni. Tuttavia, secondo gli analisti di Citi, il rischio di controparte per Unicredit arriva a 14,2 miliardi di euro, pari al 2,6% dell'esposizione creditizia di gruppo.

Quanto a Intesa Sanpaolo, gestisce le 28 filiali di Banca Intesa Russia e a fine 2021 dichiarava un'esposizione complessiva in termini di impieghi per 5,57 miliardi. In valore assoluto, la banca europea più esposta in Russia è la francese Société Générale, che – sempre secondo Citi – arriva a quota 18 miliardi di euro, pari all’1,7% dei prestiti totali.

Sempre in ambito finanziario e bancario, da giorni Usa e Ue valutano la possibilità di escludere le banche russe dalla Swift (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication), la piattaforma telematica che collega migliaia di banche in tutto il mondo, permettendo pagamenti internazionali facili, sicuri e a basso costo. Una mossa simile rischia di trasformarsi nell’ennesimo boomerang per gli europei, perché renderebbe più difficile e costoso pagare il gas a Mosca. Inoltre, avvicinerebbe ulteriormente Russia e Cina, che insieme potrebbero far crescere Cips (Cross-Border Interbank Payment System), sistema cinese rivale di Swift, anche se molto più limitato. Almeno per ora.