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di Sara Nicoli

L'Italia è ferma, immobile, bloccata. Stagnante. A crescita zero, ma le culle vuote stavolta non c'entrano nulla. L'Istat, di solito parco nel dispensare dati imbarazzanti per il governo e più avvezzo ad edulcorare la realtà di un Paese in ginocchio per non creare panico a bordo, stavolta non ha fatto sconti: l'economia Italiana è a crescita zero, il Pil è rimasto fermo allo 0% e questa frenata ha avuto pesanti - immaginabili - ripercussioni sull'occupazione. Nell'ultimo anno sono stati persi 102.000 unità di lavoro, posti a tempo indeterminato, pari ad un egual numero di famiglie che oggi hanno davanti un futuro sempre più incerto.
I dati parlano di un calo occupazionale dello 0,4% e l'indebitamento netto della pubblica amministrazione, cioè il deficit calcolato in rapporto al Pil, è aumentato, nel 2005, arrivando al 4,1%. Che è leggermente migliore rispetto alla stima del governo, orientato al 4,3%, ma è come pensare che un'aspirina possa essere servita ad allungare di qualche ora la vita di un malato terminale.
Un disastro. Che tuttavia non ha impedito al ministro Tremonti di commentare come una vittoria il lieve miglioramento della voragine del Pil rispetto alle sue stesse previsioni. "Il risultato del 4,1% - ha detto il Ministro e Vicepremier - è oggettivamente positivo, significa che la cura ha funzionato". Una presa in giro sempre più inaccettabile. La realtà è che i dati diffusi dall'Istat fotografano impietosamente i risultati dei cinque anni di governo del centro-destra: i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Economia ferma, perdita di posti lavoro, finanza pubblica in gravissime condizioni: se l'Unione dovesse vincere le elezioni, non basteranno cinque anni di rigorosissime finanziarie per consentire al Paese di ripartire.
E quello che preoccupa di più sono i posti di lavoro, o meglio la loro ormai cronica assenza: difficili da ricreare anche con un terzo settore che, a dispetto dei santi, mostra ancora segni di possibile espansione. Ma è sempre troppo poco. La spesa delle famiglie rispetto al 2004 é cresciuta lo scorso anno di appena un decimale di punto, ma a conti fatti il contributo della spesa delle famiglie (la voce più consistente nella formazione del prodotto interno lordo) lo scorso anno e' stato pari a "zero".

Dall'arrivo del governo Berlusconi, che aveva promesso miracoli e moltiplicazioni a pensioni in cambio di diminuzioni d'imposte, l'economia italiana è cresciuta in media dello 0,3% l'anno. Un ristagno netto rispetto ad una crescita media annua di oltre due punti percentuali durante la legislatura del centrosinistra. Nel 2005, soltanto l'incremento della spesa pubblica ci ha salvato dalla recessione; le famiglie non sono state in grado di espandere i loro consumi e le imprese hanno contratto gli investimenti. I dati forniscono una sola possibile interpretazione: l'Italia è un Paese in piena recessione.

"La revisione del Pil nominale - ha sottolineato l'ex ministro Vincenzo Visco - trattiene l'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni al di sotto dell'elevatissimo obiettivo fissato dal governo (4,3 percento del PIL), un obiettivo peraltro continuamente rivisto al rialzo nel corso del 2005 (originariamente era infatti al 2,7 percento del PIL)". Un'ulteriore dimostrazione che, con la finanza creativa, si va poco lontano, tanto che il deterioramento della finanza pubblica è evidente: il saldo primario quasi scompare (dal 3,2 del 2001 allo 0,5 per cento del PIL dello scorso anno). E si conferma anche la perdita di gettito causata dalla ventina di condoni realizzati durante la legislatura e l'incapacità di controllare le uscite, in particolare i consumi delle amministrazioni. In questo quadro, è ovvio che il debito pubblico torni a salire, invertendo una salutare tendenza che si era cominciata a sedimentare con i governi di centrosinistra.

Con una lettura elettorale dei numeri, il consigliere economico di Palazzo Chigi, ha commentato i dati Istat come "un quadro pieno di luci ed ombre" e dove, a suo personalissimo giudizio, "ci sono gli elementi per poter affermare che siamo nell'anno dell'uscita dal tunnel: si sono create le condizioni per una ripresa della crescita nel 2006". Parole che fanno riflettere: il 9 aprile sembra ancora troppo lontano.