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di Alessandro Iacuelli

C'è forse un altro giro di vite in vista per la libertà di informazione, e stavolta non avviene in Paesi dell'Africa o dell'Asia, o in Stati dittatoriali, ma in piena Unione Europea. Accade infatti in Francia, dove a pochi giorni dalle elezioni presidenziali, il Consiglio Costituzionale ha dato il proprio via libera ad una controversa proposta di legge sul controllo dell'informazione che prevede, tra le altre cose, il divieto per i reporter non professionisti di scattare foto o riprendere video di atti di violenza. Una legge che costituirebbe un vero e proprio vincolo nei confronti del fenomeno del citizen journalism, esploso soprattutto grazie ad Internet. A darne l'annuncio è la rivista InfoWorld, dalla quale si apprende che la misura restrittiva fa parte di una proposta di legge sulla prevenzione del crimine. Non ci si spiega certo facilmente il legame tra prevenzione del crimine e divieto di riprendere una scena di violenza. Potrebbe addirittura essere proprio quella ripresa video o fotografica, a rendere punibile un eventuale crimine. La legge contiene alcuni articoli particolarmente controversi, che colpiscono in particolare proprio coloro che fanno giornalismo su Internet. Infatti, il testo di legge, pubblicato sul sito del senato francese ( http://ameli.senat.fr/publication_pl/2006-2007/252.html ) specifica che se un blogger o webmaster pubblicasse in rete una propria testimonianza video di un qualche atto di violenza, sarebbe passibile di carcere, al quale si aggiungono delle sanzioni che potrebbe subire chi ospita il suo sito. Di fatto quindi verrebbe colpito anche il provider.
Immediata la reazione dell'associazione francese per la libertà di espressione su Internet Ligue Odebi, che propone un link alla decisione del Consiglio Costituzionale, al quale il parlamento si era rivolto proprio per la presenza degli articoli citati e, sarcasticamente, fa notare come il parere del Consiglio sia datato 3 marzo 2007. Una data simbolica ed importante. Un anniversario.

Il 3 marzo 1991 un cittadino americano videoriprese a Los Angeles il drammatico pestaggio dell'uomo di colore Rodney King da parte di un gruppo di poliziotti bianchi, sicuramente il più celebre caso di questo genere. Quella videoripresa, dopo aver suscitato scandalo e scalpore, fu di importanza fondamentale per l'identificazione e la condanna dei poliziotti. Se fosse stata in vigore una legge come quella proposta in Francia, sarebbe stato l'autore della ripresa, a finire in galera.

In una lunga lettera, pubblicata per ora solo in lingua francese, Ligue Odebi spiega che queste misure sono state inserite nella nuova legge, come è emerso durante il dibattito parlamentare, per tentare di porre fine ad una pratica di devianza giovanile molto di moda in Francia (e non solo), quella di schiaffeggiare qualcuno in pubblico per poterne videoriprendere le reazioni. Peccato che gli "effetti collaterali" della legge rischiano di limitare e addirittura bloccare il lavoro di tanti videoamatori, che negli ultimi due decenni spesso si sono rivelati utili sia dal punto di vista dell'informazione che da quello giudiziario. Infatti, come fanno notare blogger e giornalisti online, il campo di applicazione della legge è troppo ampio e si presta ad interpretazioni ambigue, finendo per comprendere una quantità di attività non solo del tutto lecite, ma anche in grado di rappresentare garanzie e tutele per il cittadino. Non sono rari i casi in cui videotestimonianze ed immagini scattate da semplici cittadini abbiano consentito di individuare responsabili di violenze.

Proprio in Francia, durante la "rivolta delle banlieues" dell'ottobre 2005, furono delle videoriprese amatoriali a dimostrare certe violenze della polizia. Sempre durante quei giorni, il ministero dell'interno transalpino giunse perfino ad emettere un comunicato stampa farneticante, nel quale si affermava che "la polizia francese sembra arrivata alla conclusione che povertà, emarginazione, questioni razziali non sono la causa scatenante della rivolta nelle periferie francesi, ma che queste sono frutto dell'incitamento di una coppia di bloggers".

Francia contraria al giornalismo libero? Potrebbe darsi, in ogni caso è comprensibile che un blogger d'oltralpe abbia posto pubblicamente una domanda: "Quanto manca a che la Francia si dichiari sconfitta dalla violenza? Certo non possono nasconderla tutta per sempre".
Violenza reale, nelle strade, le cui cause ed i cui rimedi vengono però cercati in Rete.

A questa azione legislativa, si aggiunge un'altra proposta del governo di Parigi, che propone una di registrazione, vista da più parti come una schedatura, dei siti internet e dei blog basata su una certificazione governativa dedicata anche a provider e fornitori di connettività, un "bollino blu" che dovrebbe garantire il rispetto di certi comportamenti. Una iniziativa già messa alla gogna da Reporters sans frontières, secondo cui un bollino del genere spingerà all'autocensura tutti coloro che, se pubblicassero certe notizie o immagini, rischierebbero di perderlo.
Infine, fa riflettere che tutto questo avvenga in un'Unione Europea che ancora oggi fa fatica a rinnovarsi e ad aprirsi alle nuove tecnologie dell'informazione. E potrebbe anche costituire un pericoloso precedente per tutto il "vecchio continente".