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Immensi, antichissimi, quanti anni avranno? Centinaia, probabilmente migliaia; a dispetto della maestosità, sono vulnerabili a senescenza, a malattie, ad agenti atmosferici. Gli alberi ancestrali fotografati nell'arco di un decennio da Beth Moon, hanno forme particolari, come la sempreverde Dracaena sangue di drago per la resina rosso scuro che produce; autoctona dell'isola di Socotra ma presente anche nello Yemen dove appunto, è stata ritratta. O ancora come il cedro rosso occidentale (Thuja plicata), che raggiunge i quattro metri di diametro e i settanta in altezza. Originario del Nord America, trapiantato in Europa, scoperto dalla Moon all'interno del Parco Gelli Aur, nel Galles. Tralasciando la funzione meramente incline allo sfruttamento economico (legna, materia prima per costruire, cellulosa per la carta) ed evidenziando altri fattori, ci chiediamo: in fondo, cos'è un albero?

 

La risposta è nelle parole di Hermann Hesse: Sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi li sa ascoltare, conosce la verità; non predicano dottrine e precetti ma, incuranti del singolo, rappresentano la legge primigenia della vita”. Alberi piramidali, colonnari, globosi, a ombrello, ricoperti di aghifoglie o latifoglie caduche o persistenti. Possono vivere isolati, oppure associati in un'unica specie o diverse fra loro. Le radici sono fissate nel sottosuolo, lontane dalla chioma, ragion per cui diventano esigenti dal punto di vista climatico e non se la cavano bene nei deserti, nelle zone artiche, sulle vette oltre una certa altitudine, dove sono sostituiti dagli arbusti. qual è la nostra reazione al loro cospetto?

Di fronte agli alberi non ci limitiamo ad osservarne la bellezza ma ci sentiamo in pace con l'ambiente circostante, rilassati e tranquilli. Proviamo altrove una sensazione di “casa”: l'effetto benefico legato alla loro presenza riduce significativamente i livelli di stress e affaticamento, il logorio da traffico e rumore, favorisce il recupero da un intervento chirurgico. I più longevi sono considerati monumenti viventi e ne siamo affezionati perché il legame che ne consegue, è forte ed evidente.

Gli alberi modificano l'ambiente, moderano il clima e la qualità dell'aria, riducono il deflusso delle acque piovane, ospitano la fauna selvatica. Assorbono l'energia radiante del sole, contribuendo a dare conforto rinfrescando; gli alberi cittadini, ad esempio, mitigano l'effetto del calore causato dalla copertura del suolo e dagli edifici. E influenzano la velocità e la direzione del vento, rallentano e assorbono precipitazioni, nevischio e grandine, offrono protezione al variegato mondo urbano fatto di persone, automobili e case. Il fogliame filtra l'aria che respiriamo, elimina polveri sottili e particelle dannose, assorbe anidride carbonica dei gas serra durante la fotosintesi ma anche ozono, monossido di carbonio, biossido di zolfo, rilasciando ossigeno. Ogni volta che si pianta un albero si ripristina un ciclo naturale, si aiutano uccelli e altri animali che altrimenti non avrebbero un luogo dove rifugiarsi, si migliora la qualità della nostra vita.

Come lei stessa ha dichiarato in un'intervista, il lavoro di Beth Moon nasce dalla gioia ingenua nell'andare a cercare alberi fra i più antichi e imponenti, impronte mnemoniche del nostro pianeta e della sua storia geologica. Ecco allora, da una parte all'altra attraversando Paesi lontani e continenti, le enormi querce, i gloriosi baobab, le rose del deserto sub-sahariano.

Ancient Trees è un documento fotografico di valore, testimonianza di alberi “resilienti”, eterni e tenaci e che merita una tecnica di stampa al platino-palladio altrettanto durevole e resistente, la stessa usata dalla fotografa vittoriana Julia Margaret Cameron. Un processo monocromatico complesso che assicura dovizia di toni e sfumature inalterati nel tempo. La visual artist americana sostiene che tale procedimento è “lungo, ma gratificante, con una scala tonale ampia e delicata ed è il più archivistico rispetto agli altri. Scegliendo un processo che garantisce la massima durata, spero di comunicare speranza, attingere ai temi del tempo e della permanenza, abbinando soggetto e processo”.

Può accadere infatti, che la riproduzione sopravviva all'albero, come nel caso del Baobab Chapman, il più antico dell'emisfero terrestre. Nativo del Botswana, alto “appena” quindici metri ma largo il doppio, contava ben sette rami principali. Il mattino del 7 gennaio 2016, i rangers del Makgadikgadi Pan lo ritrovarono letteralmente aperto in due, collassato al suolo: a un'età di circa mille anni fino ad allora aveva retto a tutto tranne, forse, ai cambiamenti climatici.