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di Liliana Adamo

"La terra è stato un pianeta servizievole. Nei 200 anni trascorsi, ha assorbito più della metà di tutte le emissioni artificiali d'anidride carbonica attraverso il carbonio naturale "e lo ha affondato", principalmente nell'oceano ma anche sulla terra. Il resto delle emissioni nocive è stato lasciato nell'aria ad aggravare l'effetto serra, così da amplificare le temperature medie globali. Ma se qualcosa dovesse interferire con questo processo del carbonio utile "affondato e in un certo qual modo riadattato al ciclo naturale"? Possiamo per sempre contare su un andamento naturale per rendere questi elementi dispersori, o possono trasformarsi in fonti pericolose di carbonio atmosferico?". Ancora una volta, The Independent, è tra le rare voci che si levano contro l'inerzia; applicando una definizione meramente scientifica l'anno appena trascorso lo ripenseremmo biologicamente come l'anno in cui inizia il disgelo, la disgregazione di ghiacciai millenari e d'intere aree artiche con la conseguente distruzione di una biodiversità tanto frangibile quanto preziosa. Sembra quasi superfluo suggerire le questioni inerenti ai cambiamenti climatici che, nel frattempo, sono diventate così severe da non poter essere procrastinabili. A coronare la fatale transizione di un 2006 tragico da un punto di vista ambientale, un comunicato del 29 dicembre scorso, passato quasi in sordina, parlava di un'enorme piattaforma di ghiaccio grande quanto 11.000 campi di calcio, strappata
all'isola d'Ellesmere, a nord del Canada, trasformatosi in un iceberg galleggiante nel mare artico. La spaccatura è cominciata 16 mesi fa ed è collassata in appena sessanta minuti senza la presenza di testimoni diretti. Le immagini satellitari hanno rilevato soltanto un'isola di ghiacci spinta a 800 chilometri a sud del circolo polare artico. Il primo a raggiungere il luogo è stato Vincent Warwick, ricercatore
dell'Università di Laval che ha descritto un evento straordinario e drammatico, un'intera area geografica canadese che non esiste più; un evento di tali proporzioni, una tale perdita di ghiaccio in mare, che in un decennio di lavoro nella regione più a nord del Canada non aveva mai avuto occasione di registrare. Altre lastre di neve si sono distaccate nella zona dell'Artide canadese e dalla Groenlandia, ma dall'isola d'Ellesmere è avvenuto più grande distacco di ghiaccio degli ultimi trent'anni, il crollo è stato così potente da provocare terremoti in
un'estensione pari a 250 chilometri.

Di quanto si è assottigliato il ghiaccio del polo nord? Secondo le ultime stime, del 90% rispetto ai primi rilevamenti effettuati nel 1906, ma ciò che più rende interdetti climatologi e ricercatori, è la rapidità con cui essi si sciolgono, rispetto al passato geologico del pianeta. Secondo Derek Mueller, il blocco d'Ellesmere si era spaccato già a metà del 2002; enormi lastre di ghiaccio si rendono sempre più deboli man mano che la temperatura aumenta, fino a separare le parti più interne, strati sottostanti di ghiaccio più antico. Il grande ghiacciaio d'Ayles, pressappoco 66 chilometri quadrati, uno dei pochi restanti dell'Artide canadese, racchiude un nucleo originario di tremila anni fa. Con l'aumentare delle temperature globali non perderemo soltanto questi immensi patrimoni geologici ma anche organismi microscopici ed interi ecosistemi connessi a questi ghiacci. Le parole di Vincent Warwick sono lapidarie: " Stiamo assistendo, impotenti, alla perdita tragica per le
caratteristiche uniche del paesaggio canadese, stiamo attraversando una soglia senza precedenti." Nel frattempo il disgelo porta inevitabilmente altre apprensioni, nel corso dei prossimi anni avverrà lo scollamento dei ghiacci dalla cosiddetta "presa artica" che sprofonderà nel mare di Beaufort; con pericoli incombenti per una regione ricchissima di gas e petrolio, di modo che le industrie estrattive dovranno introdurre gli andamenti climatici nella loro agenda di lavoro.

Era il senso della neve

A nord del Canada, nella regione artica di Nunavut, l'isola d'Ellesmere è l'antica terra degli Inuit e dei buoi muschiati, decima isola più grande del mondo. Come accadde per la Groenlandia, anche Ellesmere vide ridurre la presenza umana durante la Piccola Era Glaciale, ma in seguito sopraggiunsero i popoli del nord, i Vichinghi, che, unitamente agli Inuit, davano la caccia alle renne e trovavano pesci in abbondanza. Gran parte del suo territorio è protetto dal Parco Nazionale di Quttinirpaaq, con i suoi sette fiordi, il grande lago Hazen, un insieme di ghiacciai. C'è un esiguo corpo sociale formato da appena 168 abitanti e tre insediamenti, la
stazione delle Forze Armate Canadesi ad Alert, il piccolo aeroporto di Fort Eureka, la Stazione Meteorologica e il Pearl, ossia il Polar Environmental Atmospheric Research Laboratory, l'Osservatorio Artico dell'Ozono Atmosferico. In ognuno degli insediamenti si contano meno di un centinaio tra operatori e tecnici.

Ellesmere è la terra che ha tenuto in serbo il "Tiktaalik" un fossile dalle sembianze di pesce, solidificato nei ghiacci, che, in realtà, era una sorta di creatura transitoria, antesignano degli anfibi, dei rettili e dei dinosauri. Lungo lo stretto di Smith, costeggiando l'isola, c'è il fiordo di Buchanan, dove non si sa se lo splendido ghiacciaio doppio sprofondato nella baia è ancora lì, mentre sull'isola antistante di Skraeling, dureranno le tracce arcaiche delle culture Dorset e dell'antica Thule, testimonianze che hanno più di 4000 anni d'età e rappresentano la memoria storica delle civiltà nordiche e dell'umanità intera. Ai rari viaggiatori del circolo polare artico, la grande isola, con i suoi plateau e le sue montagne, gli iceberg e i promotori rocciosi intercalati da blocchi nivei e marmorei, imprimeva il ricordo indelebile di una distesa incontaminata fatta di neve e ghiacci, lontana dal calore e dall'energia del sole e della terra. I mutamenti climatici ridurranno inevitabilmente questi ambienti e i relativi ecosistemi e le conseguenze si rifletteranno sull'assetto dell'intero pianeta.

Ellesmere, come la Groenlandia, era anche la terra degli Inuit, la cui semantica ci riportava alla parola "uomo", nella più ampia accezione. Il termine Inuit (gli uomini), ha soppiantato l'altro di un lessico comune un po' a tutti noi, quello di "Eschimese", dal significato palesemente molto più rude di "mangiatori di carne cruda". Tra il nord del Canada e la Groenlandia, gli Inuit hanno strutturato le loro piccole comunità con sistemi all'avanguardia, una monetizzazione elevata per ogni tipo di servizio e un'economia oltremisura basata sull'assistenzialismo arrivato
da altri paesi. Tuttavia, i veri oriundi del polo nord, hanno subito la triste sorte degli Indiani d'America, o degli aborigeni australiani, la loro civiltà è scomparsa negli anni, stritolata dall'occidentalizzazione e dal consumismo e allora ecco l'abuso d'alcool (in molte zone l'alcolismo è una vera piaga sociale), la disoccupazione, la frustrazione economica.

Così, mentre i loro predecessori hanno attraversato lo stretto di Bering, obbligati a non curarsi del passato o del futuro ma solo di un continuo presente, sviluppando un modus di permanenza in un habitat avverso per le dure condizioni climatiche, gli Inuit del nostro tempo non sanno cosa farsene di una routine giorno per giorno sempre uguale, obbligati a privarsi del passato, mentre incombe un futuro difficile.

Global Warming vuol dire anche questo.