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di Sara Michelucci

“E’ fondamentale per me la tenuta costante con lo spettacolo dal vivo. Da qui la nasce la voglia di incrociare il teatro e di portare in scena lo spettacolo di Koltès”. Claudio Santamaria, impegnato in teatro con La Notte poco prima della foresta per la regia di Juan Diego Puerta Lopez, fino all’11 marzo, parla della sua nuova esperienza teatrale durante l’incontro con il pubblico. Attore cinematografico di successo, Santamaria ha scelto di accostarsi al teatro interpretando un ruolo piuttosto complesso. La solitudine dell’uomo e la condizione dello straniero sono le tematiche su cui verte la pièce dell’autore francese Bernard-Marie Koltès e risultano essere drammaticamente attuali.

Il giovane uomo, sotto una pioggia battente e una nebbia continua, racconta la sua solitudine, il suo sentirsi straniero, diverso, esiliato, costretto ad un errare continuo, nella notte, in cerca di una camera. La tensione drammatica, in questo modo, si snoda attraverso sensazioni dolorose e un linguaggio privo di punteggiature e denso di rabbia e nostalgia.

“E’ un testo fortemente funambolico - continua Santamaria - con una valenza decisamente politica. Gli spazi non più liberi e la frustrazione del personaggio di non poter “combattere” personaggi reali e visibili sono al centro del testo. Compare, comunque, anche un sentimento di speranza, forse perché è stato scritto negli anni Settanta. Fosse stato scritto oggi, la speranza sarebbe svanita”.

Ma in una situazione difficile per il teatro e per la cultura in generale, ci si chiede che cosa si possa fare per “aiutare” queste forme di espressione. “Bisogna innanzitutto farlo, il teatro - dice semplicemente l’attore - educare la gente ad un certo tipo di spettacolo, ricostruendo attraverso di esso un rituale collettivo e creando un senso di appartenenza. Lo spettacolo che personalmente mi piace interpretare è quello in cui il processo creativo non s’interrompe mai, rappresentando un banco di prova continuo. Un divenire che fa si che l’attore non sia una semplice marionetta nelle mani del regista, ma metta qualcosa di suo”.

La Notte poco prima della foresta venne rappresentato per la prima volta nel 1977, al Festival Off di Avignone, da un Koltés ventottenne. L’elemento allegorico come quello metaforico rappresentano la “rivoluzione” della scrittura dell’autore francese. Realtà emarginate vengono così poste al centro della scena e trattate attraverso lo sguardo visionario del protagonista sul mondo.

Il cinema resta comunque l’elemento più caratterizzante di Claudio Santamaria. Un cinema che di questi tempi non se la passa affatto bene, con i tagli alla cultura imposti dall’attuale Governo. Un cinema italiano che è stato definito di recente da Michele Placido: “Timido”.

“Secondo me - sottolinea l’attore de L’ultimo Bacio e di Romanzo Criminale - non è il cinema italiano ad essere ‘timido’, ma sono i produttori ad esserlo. C’è invece un difetto politico, con la scarsa tutela del settore da parte delle istituzioni. La Francia potrebbe insegnarci qualcosa in questo senso”.

Per quanto riguarda i progetti futuri, quelli che attirano sempre l’attenzione dei giornalisti e dei fan, Santamaria, seppur con un po’ di ritrosia, confessa: “Di prossima uscita è il film di Roan Johnson, I Primi della Lista, che però è ancora in fase di montaggio, quindi non posso dire ancora nulla sulle date. Mentre un altro lavoro in cui farò la parte del grafologo è la pellicola di Matteo Rovere, Gli sfiorati. Ho scoperto che l’universo della grafologia è davvero un mondo interessante e a molti sconosciuto. Questo film ne svela i retroscena ed è molto avvincente”.

Santamaria sarà protagonista inoltre dell'opera prima di Antonio Morabito Il venditore di medicine, il cui intento è quello di raccontare la malasanità italiana. L'attore si calerà nei panni di un informatore medico pronto a corrompere gli operatori sanitari in cambio della prescrizione di prodotti della casa farmaceutica per cui lavora. Il film è prodotto da Amedeo Pagani. “Ora posso scegliere i film che mi appassionano veramente, e questo è un traguardo importante, perché il cinema si fa con la testa e con il cuore”.