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di Luca Mazzucato

La macchina più potente e precisa mai costruita è stata accesa. Dopo le fuoriuscite di liquido di raffreddamento ed i bombardamenti di baguette da parte di uccelli francesi sabotatori, finalmente i primi dati raccolti dal Large Hadron Collider sono stati pubblicati, confermando che tutto funziona alla perfezione. Ne parliamo con Marco Zanetti, ricercatore del MIT di Boston, che fa parte della collaborazione CMS ad LHC.

Tutti i fisici del pianeta stanno col fiato sospeso, pregustando l'enorme mole di dati che presto inonderà la comunità e svelerà i segreti dell'universo. Ci sono avvisaglie di nuova fisica in questo primo ciclo di collisioni?

La speranza che tutti riponiamo in LHC è quella e di avere evidenza di fenomeni non inquadrati Modello Standard delle particelle elementari. Le prime collisioni tra fasci di protoni non hanno avuto come scopo quello di scoprire nuove particelle, ma capire con precisione il funzionamento della macchina. LHC in dicembre 2009 ha prodotto solo una manciata di eventi ad energia non molto alta, che sono stati molto utili per confrontare le vaste simulazioni al computer con i dati reali. In questo modo abbiamo calibrato le simulazioni Monte Carlo per la parte di interazioni nucleari forti che sono molto difficili da trattare: le interazioni tra i quark e i gluoni prodotti nelle collisioni, che formano dei complicati “jet” di particelle e si depositano nei rivelatori. In questo modo abbiamo testato il funzionamento dei rivelatori.

Quando sono previste le prime collisioni ad energie utili per vedere nuova fisica?

Il piano di battaglia è il seguente. Faremo andare la macchina per 18-22 mesi nel corso di questo e del prossimo anno, ad un energia massima di 7 Teraelettronvolt (TeV) nel centro di massa, che è circa metà della potenza che avrà LHC a pieno regime ma comunque superiore di tre volte e mezzo al record mondiale detenuto attualmente dal Tevatron di Chicago. Alla fine di questo periodo, raggiungeremo una statistica di eventi con la quale contiamo di migliorare i risultati ottenuti dagli esperimenti del Tevatron in termini di comprensione dei limiti del Modello Standard. Per raggiungere le prestazioni di progetto di LHC (14 TeV e 40 milioni di eventi prodotti al secondo) si dovrà aspettare qualche anno, il tempo necessario per consolidare i circuiti superconduttori della macchina. Una volta a regime, l'energia sarà tale per cui se c'è qualcosa di nuovo là fuori, lo scopriremo.

Parliamo di CMS, l'esperimento al quale tu lavori.

Il Compact Muon Solenoid (CMS) è uno dei due esperimenti dedicati a studiare ogni aspetto degli eventi prodotti da LHC (l'altro esperimento si chiama ATLAS). È una sorta di macchina fotografica ad altissima precisione che consente a noi fisici di vedere i prodotti delle collisioni tra i fasci di protoni che girano nell'acceleratore. Analizzando le proprietà delle particelle prodotte si riesce poi a ricostruire la fisica che governa le interazioni fondamentali, che si manifestano nel luogo dell'urto. CMS è dotato del più grande magnete superconduttore mai costruito al mondo: produce un campo magnetico omogeneo di 4 Tesla (circa 100.000 volte quello terrestre) immagazzinando un'energia equivalente a quella necessaria per fondere diciotto tonnellate di oro. Il magnete solenoide è circondato da un giogo di ferro che determina dimensioni (15 m di altezza per 20 m di lunghezza) e peso (12500 tonnellate, circa tre volte la torre Eiffel) dell’esperimento. Il cuore dell’esperimento è il “tracciatore” posto al centro del solenoide composto da 250 metri quadri di rivelatori al silicio che servono a ricostruire la traiettoria delle particelle cariche, prodotte nelle collisioni, con una precisione di circa 10 millesimi di millimetro. In aggiunta a questo, CMS dispone di altri rivelatori, ciascuno dedicato alla misura di una particolare classe di particelle, ossia fotoni ed elettroni (calorimetro elettromagnetico), adroni (calorimetro adronico) e muoni (camere a muoni). I circa ottanta milioni di canali di lettura producono ogni secondo una quantita’ di informazione pari a diecimila enciclopedie (cinquecento Gigabits al secondo). Tali informazioni vengono distribuite nei centri di ricerca di tutto il mondo tramite la tecnologia GRID.
  
La scorsa settimana è stato pubblicato sul Journal of High Energy Physics il primo articolo della collaborazione di CMS. Di cosa si tratta?

I risultati pubblicati non riguardano nuove scoperte, ma il funzionamento della macchina. Sono risultati molto incoraggianti dal punto di vista sperimentale, che confermano la nostra piena comprensione di come il gigantesco rivelatore funziona. Abbiamo prodotto particelle a più di due Teraelettronvolt, l'energia più elevata mai raggiunta finora. C'è un accordo spettacolare tra i dati raccolti dal rivelatore e le simulazioni al computer del suo funzionamento, su cui abbiamo basato l'analisi dei dati. Capire nei minimi dettagli come funziona la macchina è il requisito necessario per studiare la nuova fisica, data la complessità degli eventi di collisione di particelle che dovremo studiare.

Attorno all'acceleratore sono stati costruiti due rivelatori gemelli, ATLAS e CMS. Perché sono necessarie due copie dello stesso esperimento e quanto costano?

Il costo dei rivelatori è di circa un miliardo di euro ciascuno. Le due collaborazioni che hanno portato alla costruzione di ATLAS e CMS coinvolgono migliaia di persone: sono circa tremilaseicento per CMS. I due esperimenti sono in un certo senso concorrenti, sono stati progettati e costruiti in maniera del tutto indipendente. Lo scopo è di avere una ridondanza delle misure. In pochi infatti si fiderebbero, se un solo esperimento annunciasse la scoperta del bosone di Higgs, come accadde nel precedente esperimento ALEPH, ai tempi dell'acceleratore LEP (nello stesso tunnel dove ora c'è LHC). Che poi si rivelò una bufala. Se entrambi gli esperimenti osserveranno la stessa nuova particella, si tratterà di due conferme indipendenti.