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di Elena Ferrara

Tedesco doc, aveva servito il suo paese in tutti i fronti. Nel periodo della seconda guerra mondiale l’Armata sovietica entrata in Germania lo aveva preso e rinchiuso in un campo di lavoro. Ma lui, Horst Tappert (classe 1923), non si era dato per vinto ed era arrivato - passo passo - al trionfo nel piccolo schermo divenendo uno dei maggiori personaggi del mondo dei serial. Noto con il nome di “Ispettore Derrick” dopo aver raggiunto decine e decine di paesi con le sue incredibili avventure - è morto due giorni fa in una clinica di Monaco di Baviera. La sua carriera aveva preso avvio con precisi impegni teatrali, ambiziosi e tutti carichi di significato letterario. Aveva debuttato nelle scene nel 1945, subito dopo la guerra in una Germania distrutta. Era stato il Dr. Striebel nella piéce di Helwig “Die Flitterwochen”. Poi ci furono altre prove di rilievo. E tra le sue interpretazioni più famose ci furono quelle in “Aspettando Godot” di Samuel Beckett, ma anche lavori presi da Shakespeare, Balzac e Moliére. Quindi debuttò nel primo musical tedesco del varietà post-bellico: “Lady in the Dark”. Poi il momento d’oro con la tv. Era il 1956 quando un Tappert pimpante e sicuro di se fu notato da un regista televisivo che lo chiamò per interpretare una piccola ma significativa parte. Da allora fu un crescendo di impegni. Sino a che nel 1973 si trovò un personaggio che calzava magnificamente con la sua figura: l’ispettore della squadra omicidi Stephan Derrick.

Modi gentili, movimenti lenti e look sciatto, occhi sempre ben spalancati sulla società che lo circondava, un atteggiamento da fiscalista afflitto da una perenne vedovanza: un poliziotto plumbeo ma umano che divenne - nell’immaginario collettivo - un ispettore ideale, una icona di funzionario garantista che non arresterebbe una mosca senza istruire un regolare processo.

Per questo la sua serie - sponsorizzata dalla seconda rete televisiva tedesca - fu seguita in tanti e tanti paesi. Sino ad avere anche dei circoli di appassionati che lo avevano eletto come loro leader. E lui - sempre a bordo della sua Mercedes grigia con fascia verde, mansueto e leggermente soporifero - arrivava al momento giusto sul luogo dei delitti. Un’avventura durata 280 puntate (con l’inseparabile aiutante, l’ispettore Harry Klain sempre al suo fianco) sino al suo ritiro che avvenne nel 2003 quando presentò il suo ultimo serial: “Herz ohne Krone” (Un cuore senza corona).

Poi si era sistemato oltre il circolo polare artico. Aveva lasciato gli ambienti delle questure e dei commissariati, i palazzoni grigi della Berlino post-comunista, e si era organizzato un suo rifugio oltre il circolo polare artico in Norvegia, sull'isola di Hamaroy. Qui si recava, per due mesi all’anno, attratto dal silenzio - rotto solo dall’abbaiare dei suoi boxer - e dalla solitudine. Forse aveva trovato il terreno migliore per meditare sulla sua filosofia morale di tipico antieroe borghese e pantofolaio, modello-export del tedesco ligio al dovere. Ma in realtà - ricordano ora i suoi amici - era sempre critico con la Germania, alla quale era legato da un rapporto di odio-amore.

Quanto alle sue abitudini, non era un tedesco tipico, perché detestava la birra. Fu “un colpo di fortuna nazionale - ha notato ora la Frankfurter Allgemeine Zeitung scrivendo della sua scomparsa - avere qualcuno con la sua espressione, la sua malinconia, la sua autorità non intrusiva”. E così, si può anche affermare che contrariamente a tutte le aspettative e alle micidiali critiche, Derrick ce l’aveva fatta e in una fulminante carriera televisiva aveva dimostrato che per essere un divo dello schermo non era indispensabile indossare stivaletti da cowboy e guidare una fuoriserie americana, ma erano sufficienti un'utilitaria di media cilindrata guidata rispettando le regole del codice della strada e un abito comprato alle liquidazioni di fine stagione.

Ed ora ripensando a lui (e al suo parrucchino portafortuna, segnato da un ciuffo grigio…) ci troveremo a passare le serate solo con Colombo e Montalbano. E se avremo nostalgia di Derrick potremo andare a Monaco dove - si dice - sorgerà il primo “Derrick Memorial Museum”.