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di Elena Ferrara

Gli slogan potrebbero anche essere: “Futuristi di tutto il mondo, unitevi” oppure “Futuristi avanti verso il passato”. E tutto questo perchè dopo quell’evento top del 1986 - la mostra estiva “Futurismo & Futurismi” a Palazzo Grassi a Venezia - le idee che Marinetti illustrò sul Le Figaro del 20 febbraio 1909, in quel suo celebre manifesto, tornano ad agitare il mondo degli storici, degli artisti e, in generale, della cultura mondiale. E non è un caso se la “sveglia” arriva - ancora una volta - da due paesi che sono stati al centro dell’avventura futurista: l’Italia e la Russia. Tutti impegnati ora a mettere in campo le vecchie eredità presentando una mostra globale sulle “due facce” del futurismo. E ancora una volta - pur se i tempi sono notevolmente mutati - si registra una sfida intellettuale al mondo e alla cultura per un riesame di quella che può essere ancora considerata come una rivoluzione culturale che ha fatto epoca aprendo nuove strade e prospettive. Il teatro dove avviene questa contesa è quello delle grandi sale di uno dei musei più noti del mondo: il “Puskin” di Mosca. Che ospita, appunto, questa manifestazione di livello internazionale con la collaborazione dei musei di Trento e Rovereto e che segna un momento di alto impegno culturale, tenendo conto che è la prima volta che la Russia si apre al futurismo dopo esserne stata la culla.

E così si possono ammirare opere provenienti da 30 musei e collezioni private russe, nonchè quelle arrivate dall’estero: Stati Uniti, Svizzera, Israele e naturalmente dai maggiori musei italiani. Oltre 300 lavori. Qui Giacomo Balla, Gino Severini, Umberto Boccioni s’incontrano con Majakovskij, Gonciarova, Larionov. In tal modo si ritrovano uniti i più grandi artisti italiani e russi.

E’ insomma un vero festival, dove si confrontano i temi fondamentali del Movimento promosso da Marinetti: l’amore del pericolo, l’abitudine all’energia, il culto per il coraggio e l’audacia, l’ammirazione per la velocità, la lotta contro il passato, l’esaltazione dell’aggressività ma anche della guerra vista come la “sola igiene del mondo”. Ma - come sempre avviene quando si affronta la rivisitazione del futurismo - non mancano quelle riserve di carattere morale e politico dovute ad una certa assimilazione che viene avanti quando si confrontano “futurismo” e “fascismo”.

Alla mostra del Puskin - come riferiscono le cronache - questo pericolo di false interpretazioni è stato però accantonato. Si é posto infatti l’accento sulle vere potenzialità rivoluzionarie del movimento visto come istanza realistica carica di nuove forme d’arte, di filosofia, di costume e di linguaggio, ma non si è riusciti a sfuggire al confronto (storico) tra Italia e Russia. Perchè un quotidiano russo come Kommersant ha voluto vedere nell’esposizione una sorta di “rivincita russa” nei confronti di una mostra di alcuni anni fa - sempre nel “Puskin” di Mosca - che avrebbe messo in un cantuccio le tradizioni russe.

Allora a confronto erano Giotto e Malevic e la Russia - si nota ora - subì un pesante cappotto. Ma ecco che i russi alzano la testa. Ricordano, con i loro lavori, che ai primi del XX secolo ci fu un momento in cui in Russia tutti si dissero futuristi. E così ecco in evidenza le opere di Larionov, Gon?arova, Malevi?, Burljuk, Poulbine, Rozanova... E, soprattutto, Majakovskij.

Nessuna corsa, comunque, verso l’imprimatur su un futurismo “nazionale”. Una gara culturale alla pari dove ogni parte ha messo in campo le sue forze senza pretendere alla vittoria. Ma è certo che Marinetti è tornato in Russia così come avvenne nel 1914 quando decise di tenere a Mosca un corso di lezioni per accorgersi poi che i “colleghi” russi, pur definendosi futuristi, non erano affatto disposti ad ascoltarlo.

Ognuno per la sua strada: forse senza sapere verso dove. Ed è ovvio che alla mostra attuale nessuno ha parlato di quell’eterno contrasto tra un futurismo visto come “estetizzazione della politica” o come “politicizzazione dell’estetica”. Ancora una volta l’orologio della storia non si ferma e l’occasione di questa esposizione futurista può essere anche di stimolo per fare un salto a Mosca per ricordare, col futuro, il passato.