di mazzetta

C'era una volta un'erba buona, che aveva tante qualità da scatenare l'ostilità di tanti che non sopportavano che la sua diffusione danneggiasse i loro affari.
Venne allora deciso che l'erba era cattiva perché qualche giovane la fumava cercando l'evasione della realtà senza pagar dazio e il bollo sugli alcolici; e l'erba venne bandita. Sparì allora dalle nostre campagne e il nostro paese cessò improvvisamente di coltivarla, nonostante fosse tra i primi produttori mondiali; abbandonò tutta l'industria attraverso la quale lavorava questo dono della natura e la canapa diventò una "droga" dalla sera alla mattina.
Da allora sono passati decenni e il destino dell'erba buona sembrava segnato, non poteva che essere prodotta in lontani paesi senza legge, e giungere a noi se non per essere fumata. Negli ultimi anni però è sembrato che l'enorme mole di studi sulla canapa potessero riabilitarla: dati inconfutabili ne hanno attestato le molteplici virtù, dall'azione rigenerante che esercita sui terreni, alle eccelse proprietà meccaniche, fino alle sostanze chimiche benefiche che contiene e alla sua estrema versatilità, che permette di ricavarne fibre, chimica utile e anche carburanti più "ecologici" di quelli di origine fossile.

Nello stesso tempo l'opinione pubblica, un tempo informata dall'ignoranza e dalla propaganda perbenista, cambiava radicalmente di segno; seguendo in questa trasformazione anche la trasformazione dei consumi umani di sostanze psicoattive.

L'erba buona era stata infatti criminalizzata per il blando effetto psicoattivo di una sostanza che contiene, il tetraidrocannabinolo o THC, che era stato condannato in quanto nemico della purezza della gioventù e accesso privilegiato alla vita da drogati.
Da decenni sappiamo che l'effetto psicoattivo dell'erba buona è modesto, come sappiamo che la definizione di "droga" passa solamente attraverso un'attribuzione di senso morale negativo a comportamenti sgraditi, e non già su una solida letteratura scientifica. Semanticamente il termine droga vive una dimensione assolutamente politica.

Se la corretta definizione della "droga" che si vuole disciplinare è infatti quella che la classifica come sostanza psicoattiva, l'intero impianto logico-giuridico del proibizionismo è privo di senso scientifico.
Ancora di più lo è se analizzato avendo conto dell'evoluzione nelle abitudini di consumo umano negli ultimi anni. Negli ultimi venti anni molte sostanze psicoattive sono entrate nei consumi di massa, in gran parte sfuggendo alla criminalizzazione e integrandosi nel mercato legale o para-legale. L'esempio più impattante è quello del consumo e della disponibilità di farmaci, che provvedono la popolazione di "effetti" stupefacenti in quantità superiore a quella di tutte le "droghe" illegali. Consumati sempre di più, prescritti dai medici, veicolati dalla pubblicità occulta degli informatori farmaceutici; dalla felicità immediata del Prozac, al doping sessuale del Viagra, la chimica ha compiuto passi da gigante. A completare l'offerta chimica, sono arrivate nuove sostanze di sintesi spacciate in abbondanza senza che le tabelle della "droghe illegali" riuscissero ad afferrare la loro tumultuosa evoluzione, dalle pastiglie per la discoteca, alle sostanze dopanti, fino al nuovo mercato delle sostanze "smart", cioè di quelle che fanno, ma non sono "droghe".

Di fronte a questa evoluzione si era pensato che l'erba buona non potesse essere più punita per molto, per l'ovvia considerazione sempre sostenuta con l'esempio degli alcolici, che assume un'evidenza ancora più sfolgorante: esistono sostanze moto più "attive", "pericolose" e che danno maggiore "dipendenza" di quanto non succeda con l'erba buona. E non sono proibite.

Ora le sostanze "molto più attive", a disposizione di chiunque e perfettamente legali sono decine, e la condanna dell'erba è diventata ancora più anacronistica, relegata agli ambiti marginali del moralismo destroide e beghino di un mondo che non c'è più.
Purtroppo a questa sottocultura fa riferimento elettorale il partito di Gianfranco Fini, drammaticamente attento al grido di dolore che sale dai perbenisti più ottusi e dagli ambiti che si sono arricchiti alle spese dei drogati. La destra è entusiasta delle comunità dure con i tossici: un dato storico, dimostrato ultimamente dallo scandalo che ha travolto l'ex-ambasciatore USA a Roma Mel Sembler, che ha dovuto rientrare in patria perché titolare di comunità nelle quali i suoi drogati venivano salvati con tecniche degne di regimi totalitari; come sostenuto nei rapporti del Congresso.

Al partito di Gianfranco Fini il peggior presidente del Consiglio della storia italiana ha, purtroppo, concesso di approvare una legge assurda; come già lo aveva permesso alla Lega Nord per cercar voti tra i timorati padani ansiosi di sparare ai ladri.
In tutta fretta la legge del signor Fini è stata inserita in mezzo al decreto per le Olimpiadi e approvata incompleta.

Da quello che se ne può ricavare per l'erba buona è notte, la notte della ragione. Chi vi entra in contatto viene separato secondo due categorie, quella dello spacciatore e quella del consumatore. Al consumatore viene prospettato un calvario di multe, umiliazioni e spese, culminanti in caso di recidiva nel "ricovero" in apposite strutture e, infine, nel carcere.
Per gli "spacciatori" invece pene da 6 a 20 anni. Questo perché il signor Fini e i suoi amici hanno considerato semplicemente che: "la droga è male" e che "non esiste droga buona o droga cattiva" nonché, tout court che "drogarsi è illecito". A decidere chi sia "spacciatore" e chi no, sarà chiamata la "scienza", che redigerà apposite tabelle stabilendo, a prescindere, chi spacci e chi no in base a quanta "droga" sarà trovata in suo possesso; un altro nonsense gettato lì con indifferenza.

Tutto ciò nell'ottica paternalistica classica della destra che protegge dal "male", combatte "la guerra alla droga" come combatte la "guerra al terrore", come quella al comunismo e via guerreggiando.
L'erba buona è quindi tornata e essere "il male" e per passare questo elementare messaggio il signor Fini e i suoi amici hanno avuto bisogno di oltre 20 pagine di articoli, commi e codicilli.

Un mostro che si spera venga abortito dal prossimo governo, l'ennesima dimostrazione della pericolosità eversiva della compagine di centrodestra, che ha trovato il suo equilibrio in questo strano metodo secondo il quale, per ottenere una legge a suo favore, il principe concede ai vassalli un orrore equivalente.

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